Il riso italiano va difeso dall’import asiatico

La lettera. Risponde il condirettore Beppe Boni

Bologna, 23 marzo 2018 - Dopo il pesce azzurro, anche il riso è a rischio; gli ordini delle semenze sono fermi a 1/4 del totale. Oltre a tutelare i coltivatori dall’import delle varietà asiatiche, si devono aumentare le zone di coltura convertendo territori incolti. Idem per la patata. Oltre ad un taglio al budget, esistono problemi di certificazione del seme e di parassiti. Serve più chiarezza nelle importazioni. Carlo Alberto Bo, Bologna

Risponde il condirettore del Carlino, Beppe Boni

Le risaie italiane sono in difficoltà. E con loro una tradizione che affonda nei secoli. L’attacco arriva dai Paesi asiatici che stanno invadendo il mercato europeo, in gran parte coperto con il riso italiano. Ora però sugli scaffali dei supermercati di Berlino, Parigi e altre capitali stanno guadagnando spazio le scatole cinesi e indonesiane. Provengono dal triangolo del riso: Vietnam, Cambogia e Myanmar. In dieci anni l’import di prodotto asiatico è passate da 6mila tonnellate a 370mila. Questa situazione per fortuna «risparmia» però il mercato interno: in Italia si consuma riso nostrano e la produzione è sufficiente. Come possiamo difenderci? Con la qualità e la trasparenza. Almeno imponendo sulle scatole il percorso fatto dai chicchi: il Paese in cui il riso è stato coltivato e quello in cui è stato lavorato e confezionato. beppe.boni@ilcarlino.net  

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