Strage di Bologna, il rispetto del dubbio

Bologna, 8 settembre 2019 - Nella notte della Repubblica le nebbie che avvolgono la strage del 2 agosto 1980 a Bologna, che pure poggia su una verità giudiziaria, non si diradano mai del tutto. Vanno, vengono, si infittiscono e si aprono in un gioco di specchi e misteri. E fanno supporre, a torto o a ragione, che nonostante sia definitiva la condanna di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, i due terroristi neri considerati autori della strage, la vera storia del massacro nella sua completezza non sia ancora stata svelata. Il dubbio è un grande segno di civiltà sia umana che giudiziaria. E dinanzi al dubbio non bisogna spaventarsi, non bisogna arretrare ma avanzare con forza anche quando tutto appare chiaro e già scritto con una sentenza di condanna che comunque va rispettata. Come del resto l’impegno perenne dell’associazione familiari delle vittime. Dunque, non deve indignare, se dopo quasi quarant’anni di indagini, processi, depistaggi, risvolti geopolitici che portano anche all’estero, sulla strage di Bologna affiorano elementi a sorpresa come la perizia che ha rilevato un nuovo Dna sui resti attribuiti ad una sola delle vittime, Maria Fresu. È l’86esimo morto senza nome? Potrebbe essere, come ipotizza la scuola di pensiero che fa capo all’ex deputato Enzo Raisi, l’elemento che conduce alla presunta terrorista palestinese che portava la bomba esplosa per errore? Difficile rispondere per ora. Eppure ancora oggi è considerato scorretto politicamente, e anche offensivo, scavare dentro misteri, dubbi, indizi mai confermati ma nemmeno chiariti sulla pista palestinese che aleggia a mezz’aria da anni. Le indagini della Procura bolognese hanno sondato, c’è chi dice senza la convinzione necessaria, la pista del terrorismo palestinese. Finì in nulla la storia della presenza a Bologna prima della strage delle due terroriste riconducibili alla cellula di Carlos lo sciacallo, restano secretati i documenti dei nostri servizi segreti che un mese prima della strage di Ustica e due della strage della stazione da Beirut avvisavano di un imminente attentato in Italia. In una nota del Sismi, il servizio segreto, spuntato a sorpresa dai faldoni del processo per la strage di Piazza della Loggia a Brescia, si riferisce l’ultimatum del Fronte per la liberazione della Palestina che contesta all’Italia la rottura di certi accordi. E parla di operazioni che «possono coinvolgere innocenti». Il 2 agosto 1980 fu l’inferno alla stazione. Chi cerca di far luce ancora nella storia oscura della strage è considerato un depistatore, un nemico delle vittime, un difensore per affinità ideologica della coppia Mambro-Fioravanti. Eppure la ricerca della verità, o l’approfondimento di essa, esige sempre rispetto a prescindere dall’esito finale.

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