Un ripieno di tradizione

Bologna, 2 ottobre 2019 - Molti anni fa portai mia moglie fiorentina a cena da Biagi, il vecchio Biagi, a Casalecchio. Quando lei, tanto per chiacchierare, gli chiese come facessero i tortellini, Biagi si voltò verso di me, mi guardò fisso, e mi apostrofo in bolognese tra il burbero e il divertito: “Ma questa dove l’hai pescata?”.

Come dire: mica si chiede a Firenze che tipi di pappa al pomodoro fanno. Con il pomodoro, ovviamente. Ordinai due tortellini in brodo, e la chiudemmo li. Detto questo, ogni piatto conosce le sue variazioni e interpretazioni.

Sulle Ande mi offrirono spaghetti alla bolognese. Li assaggiai. Forse nel condimento c’erano pure foglie di coca, ma non erano male. Non mi meraviglia quindi che si pensi a tortellini di pollo tra le tante storpiature gastronomiche, e che subito la discussione scivoli sulla tavola della politica.

Quello che mi lascia perplesso (e posso sbagliare, ovviamente) è la loro missione: l’integrazione per la festa di San Petronio di persone di altra religione, in particolare islamica. Mi lascia perplesso perché non credo che sia questo il modo di integrare. Perché credo che sia proprio nel rispetto dei rispettivi usi, costumi e tradizioni che si gettino e si consolidino le fondamenta per una migliore convivenza e comprensione.

Non credo alle fughe in avanti, alle imposizioni, ma neppure ai passi indietro. Non credo ai crocefissi nascosti, ai presepi cancellati, ai tortellini taroccati. Credo sia bellissimo sentire i nostri odori a Little Italy, e i profumi e i sapori piccanti dei quartieri arabi o ispani. Non credo che alle autorità religiose islamiche venga in mente di aprire dei banchi di porchetta alla Mecca vicino alla Pietra Nera per favorire il turismo religioso dai paesi occidentali. Non ho mai visto un kebab di maiale al Cairo. Credo che ci sia un terreno comune tra popoli e religioni che non sta in un intreccio di cucine, ma nella conoscenza e nel rispetto della stessa legge. Nel nostro caso della legge italiana, della Costituzione, della lingua. Penso infine che San Petronio sia la festa di Bologna e delle sue tradizioni, e che nessuno si debba sentire escluso se le conserviamo. Anzi. Penso che chi vuole, e non tutti lo vogliono, possa integrarsi proprio conoscendo meglio la cultura della città in cui vive. Senza abdicare gli uni e gli altri alle proprie abitudini, comprese quelle gastronomiche. E senza approfittare del fatto che non ci sia più il vecchio Biagi, che di fronte a un tortellino al pollo direbbe, più o meno: ‘Ma questo dove lo avete pescato?’.

 

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