Cantina Bentivoglio Bologna, Alessandro Lanzoni e la rotta inesplorata del jazz

Il 7 marzo il pianista fiorentino presenta in anteprima nazionale 'Unplanned Ways', l'ultimo album con straordinari compagni di viaggio: Thomas Morgan ed Eric McPherson

Alessandro Lanzoni Trio: da sin. Eric McPherson, il leader e Thomas Morgan

Alessandro Lanzoni Trio: da sin. Eric McPherson, il leader e Thomas Morgan

Bologna, 7 marzo 2019 - “Unplanned Ways”, un disco che esplora vie non ancora percorse, indica un futuro possibile per la musica. Lo presenta Alessandro Lanzoni in anteprima nazionale stasera (7 marzo) in Cantina Bentivoglio alla guida del suo trio americano (ore 22). Domani la replica al Jazz Club Ferrara. Da genio precoce a esploratore dell’inedito, il pianista fiorentino Top Jazz 2003 che ha registrato con Lee Konitz e Kurt Rosenwinkel a differenza di altri esponenti della “nouvelle vague” l’antitodo alla vanagloria se l’è ritrovato in casa grazie a una coppia di genitori musicisti/musicofili cauti nell’indirizzarlo verso l’eredità dei grandi del suono nero piuttosto che abbandonarlo alle lusinghe della classica. Lanzoni, ci parli dell’album e dei compagni di viaggio. «“Unplanned Ways”, registrato a New York lo scorso inverno, contiene standard tra i più ricercati da chi ama le sonorità afroamericane, declinati attraverso la ricerca della fusion e dell’interplay. Del gruppo fanno parte Thomas Morgan, uno dei contrabbassisti più carismatici e talentuosi al mondo, ed Eric McPherson, batterista di un’inventiva e una sensibilità musicale fuori dal comune, frequentatori assidui di musicisti che rappresentano la fascia più alta del jazz d’avanguardia negli States». Qual è stata la molla che ha fatto scattare la scelta dei partner? «Li ho sentiti suonare insieme con uno dei miei pianisti preferiti in assoluto, il giovane talentuoso David Virelles. Mi ha colpito immediatamente la loro profondità e allo stesso tempo leggerezza nell’affrontare il materiale musicale. Entrambi sono grandissimi ascoltatori e rispettosi accompagnatori». Qualche anno fa sedusse il critico Ira Gitler con una sontuosa esibizione al palazzo dell’Onu. Che lezione ne ha tratto? «Più che di lezione parlerei di stimoli a migliorare per tutto quanto m’è stato possibile». La composizione è indispensabile per un artista? «Non lo è. Ci sono musicisti classici che interpretano musica altrui e compositori che si dedicano solo alla scrittura. Ma pure chi vuole approfondire entrambi gli ambiti. Tutte scelte rispettabili». Il miglior pianista italiano, europeo e mondiale? «Maurizio Pollini, meraviglioso interprete, è l'orgoglio di tutti i pianisti italiani. Categoria Europa? Probabilmente Marta Argerich, ascoltata una volta a Ferrara mentre suonava il concerto in sol di Ravel. A livello planetario scelgo Radoslav Richter. Per i jazzisti non mi espongo, troppi e troppo diversi tra loro, non potrei scegliere». Apriamo l’agenda? «A giugno presento “Unplanned Ways” a New York, questa volta con Ben Street al contrabbasso e sempre Eric McPherson alla batteria. A settembre invece approderò per la prima volta in Giappone per un lungo tour con Rosario Giuliani, Fabrizio Bosso e Daryl Hall. Presto andrò a Parigi, probabilmente mi stabilirò laggiù, chi lo sa. È una città che mi piace moltissimo e che visito per lavoro spesso, voglio provare a starci per un po’». Altre novità più peculiari di altre? «Una di sicuro è il progetto con il sottoscritto più il trio d'archi di Firenze. Stiamo lavorando su un repertorio misto, formato da musiche di compositori classici contemporanei (Liebermann e David Ludwig) e brani scritti da me per questa formazione». Il sogno nel cassetto? «Avere una barca di soldi per comprare casa a New York. Ogni volta che ci torno mi arriva una botta di adrenalina indescrivibile».

 

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