Cantina Bentivoglio Bologna, Jacopo Salieri presenta Steps

E' il secondo album del trio bolognese che ha partecipato a importanti festival internazionali. Vantaggi e svantaggi di un cognome importante

Da sinistra Nicola Govoni, Fausto Negrelli, Jacopo Salieri

Da sinistra Nicola Govoni, Fausto Negrelli, Jacopo Salieri

Bologna, 1 febbraio 2019. Contaminazioni filtrate e mischiate con brillantezza di idee compositive, ispirazioni eurocolte, senza snobbare lo swing della tradizione. L’appuntamento è per domani (sabato 2) in Cantina Bentivoglio con un concerto dagli stilemi ancorati alla tradizione musicale classica e al jazz moderno sigillati in “Steps”, secondo album di un trio bolognese presentato in anteprima nazionale. Poetica crepuscolare diffusa su brani originali, con i giovani musicisti abili nel ricamare assoli da manuale. Fari puntati dalle 22 sul leader Jacopo Salieri, pianista compositore bolognese - che vive a Sermide, per una questione di cuore - poco più che trentenne, habitué di palchi importanti, con Fresu e Franco Cerri e festival internazionali come Crossroads. Gli altri sono Nicola Govoni al contrabbasso e Fausto Negrelli alla batteria. Jacopo, partiamo dall’album «Pubblicato da Alfa Music, la stessa etichetta del genio Enrico Pieranunzi, in uscita su tutti i digital store dall’8 febbraio, “Steps” segna il ritorno alle composizioni a quattro mani, alla reciprocità e alla voglia di crescere all’unisono. Sostanzialmente continua la ricerca sul binario estetico, della nostra opera prima “Landscape” del 2013, aggiungendo istintività e naturalezza alle composizioni». Ci sono triadi famose a cui vi ispirate? «Siamo influenzati dalla scena jazzistica nordeuropea e da quella attuale americana, da Harold Goldeberg, ad Aaron Park e Avishai Cohen». Prima ha accennato a Pieranunzi, il genio del piano che predica originalità e progettualità. «Ne sono un grande fan ne un po’ mi ci identifico per via della doppia formazione classica e jazz: sono diplomato in Organo e Composizione organistica con Francesco Tasini, con Diploma accademico in Musica Jazz conseguito con Fabrizio Puglisi». Chiamarsi Salieri per un musicista può avere un effetto “double face”… «Magari apre qualche porta in più, incuriosisce, ma bisogna sapersene difendere. Di fatto è di buon auspicio, al di là dei commenti del pubblico americano (durante una breve incursione negli States) tipo “Salieri, almeno Mozart te lo potevi risparmiare!” o degli insegnanti di conservatorio durante gli esami tipo “con un cognome del genere dobbiamo aspettarci delle meraviglie!”, fino a quelli dei residenti di Legnago che la prima volta mi accolsero con un “Salieri, ti hanno intitolato il nostro teatro!”. In fondo voglio credere che possa esserci una parentela. Da un po’ di tempo a questa parte un’associazione legnaghese sta cercando di dimostrarlo».

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