Bologna, a Santa Maria della Vita le foto di Nino Migliori

'Lumen', il Compianto visto a lume di candela. La mostra fino al 23 aprile

NELL’ORATORIO Sopra, Nino Migliori, classe 1926. A lato: uno scatto della famosa opera  di Niccolò dell’Arca

NELL’ORATORIO Sopra, Nino Migliori, classe 1926. A lato: uno scatto della famosa opera di Niccolò dell’Arca

Bologna, 19 gennaio 2017 - Vedere l'arte come non l’avete mai vista. O, meglio, vederla come la vedevano i contemporanei, in secoli nei quali non esisteva la luce elettrica. «Le sole fonti luminose», racconta Nino Migliori, classe 1926, maestro insaziabile della ricerca sui linguaggio e i materiali della fotografia, «erano le candele. Mi piaceva la possibilità di ripercorrere quella percezione, di guardare le opere, specie le sculture, se io fossi stato là mentre venivano eseguite».

L’occasione, racconta Nino, venne nel 2006: «L’università di Parma aveva deciso di pubblicare ogni anno un libretto inedito sul lavoro dei personaggi del panorama artistico. Io partii con le formelle realizzate dall’Antelami per il Battistero di Parma, il monumento che ai primi del ‘200 vede il passaggio dal romanico al gotico. Mi parve di ritrovare le emozioni dei visitatori di quel tempo». Sicché il progetto continuò. Vennero il Cristo velato di Napoli, i leoni stilofori del Duomo di Modena e adesso, nell’oratorio-museo di Santa Maria della Vita, la mostra (organizzata da Genus Bononiae, a cura di Graziano Campanini) Nino Migliori. Lumen – vernice alle 18 di domani, fino al 23 aprile –, una selezione di 34 immagini delle oltre 700 scattate da Migliori per il quattrocentesco Compianto sul Cristo morto di Niccolò dell’Arca.

«E’ stato il mio primo lavoro su un complesso di figure, non su un soggetto unico. Non vorrei esagerare, ma è stata un’impresa. Nei dipinti carracceschi la luce piove quasi sempre dall’alto, diretta a sinistra. Ho seguito questa visione. Il problema, la sfida, non sono stati ritrarre le figure a tutti note della scena, lo strazio delle donne che circondano Gesù. Io cercavo dettagli anomali, insoliti. Ho fotografato dall’alto, con sotto di me Ottorino Nonfarmale e i rappresentanti della soprintendenza – con Luigi Ficacci in testa, eravamo nel 2012 – a reggere le candele e a controllare che le terrecotte non subissero danni. Si fotografava di notte, ore e ore, e anche mia moglie collaborò attivamente» (peccato solo che non sia esposta qualche foto di questo avventuroso cartiere).

Per Migliori rovesciare i canoni della tecnica, come per riuscire a vedere al di là di ciò che appare, è sempre stata una febbre irresistibile. Ossidazioni, celogrammi, grammi, idrogrammi sono solo alcune delle sue invenzioni. «Ma qui –racconta Nino – c’era da superare l’ostacolo dei 30, 40 centimetri che separano il Compianto dalla parete, impossibile andarci dietro con la macchina, e allora ho inventato tutto un gioco di specchi, un incastro, che ha permesso di fotografare la parte posteriore delle figure, scoprendo punti di vista insoliti, inediti, dettagli finora mai messi in evidenza». Chi dunque andrà alla mostra si troverà di fronte un Compianto svelato nei suoi particolari. «Un conto», osserva Migliori, è illuminare una scultura, o un rilievo, con cinque fari che la coprono per intero, e un altro, grazie alla sola candela, è puntare lo sguardo sulla parte che mi impressiona di più, cercando di fornire una mia interpretazione». Come scriveva Apollinaire, «Fotografia tu sei l’ombra / Del sole / Tutta la sua bellezza». Info: da martedì a domenica ore 10-19; 051230260.

c. su.

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