Mymenu, piatti di qualità e attenzione per chi li consegna

La piattaforma di food delivery punta a clienti di fascia medio-alta. "Margini maggiori, così retribuiamo meglio i driver"

Uno dei 600 driver di Mymenu

Uno dei 600 driver di Mymenu

Bologna, 20 marzo 2019 - Portate di alta qualità e un’attenzione unica in Italia alle condizioni di lavoro dei fattorini, per una start-up divenuta leader nazionale in un mercato irto di insidie. Ha una delle sue giovani anime ben radicata a Bologna, grazie al trentenne presidente Giovanni Cavallo, la piattaforma del food delivery Mymenu, fiore all’occhiello, secondo molti investitori, di un settore altrimenti caratterizzato da margini di guadagno minimi e da una concorrenza che tende ad appiattirsi al ribasso.

I punti di forza della società, nata un anno fa dalla fusione fra la felsinea Sgnam, la padovana Mymenu e la milanese Bacchetteforchette, stanno tutti, secondo Cavallo, «in un approccio differente fin dal principio, che ha sempre puntato ad attrarre una clientela di fascia medio-alta e a cercare, più che la democratizzazione del servizio, la sostenibilità economica». Lo scontrino di un pasto ordinato tramite Mymenu, infatti, si aggira intorno ai 38 euro, contro una media di 20 del comparto, e questo, nell’affollato scenario delle maggiori città del Nord Italia, garantisce «maggiori marginalità sugli ordini, con il risultato di darci la forza di retribuire i nostri driver in modo adeguato».

Una scelta che ha portato Mymenu a sottoscrivere, prima nel Paese, la Carta di Bologna per i diritti dei fattorini e a sedere stabilmente, a Roma, al tavolo di confronto su questi temi istituito dal ministro Di Maio. Con la forza di chi, nel 2018, ha dato il giusto valore al lavoro di 600 driver pronti a scattare da 500 ristoranti accuratamente selezionati, così, una start-up sostanzialmente appena nata che occupa un team di 15 persone ha saputo movimentare 5 milioni di euro di ordinazioni, in forte crescita sull’anno precedente.

C’è, poi, la questione della selezione della clientela, che «rappresenta una nicchia coccolata che tale deve rimanere, con un servizio il più possibile simile a quello del ristorante». Con queste idee in testa, allora, risulta chiaro il perché Mymenu abbia ampliato i propri orizzonti dal B2C, area nella quale ci si confronta con colossi internazionali fra i quali è spuntato McDonald’s, al B2B, che, specie su Milano, garantisce «scontrini più corposi e una più alta frequenza di ordinazioni mensili». Sperimentare e aggiustare il tiro, insomma, dice Cavallo, «è la chiave di volta del progetto in continua espansione», che, dalle roccaforti di Milano, Bologna, Padova, Modena, Verona e Brescia, «vuole coprire il maggior numero di città italiane possibile».

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