Bologna, Eubiochef, arriva la squadra stellata lunedì 30 ottobre

La manifestazione gastronomica si terrà alla Porta di via Stalingrado 37. Cena per l’Ant con il nutrizionista

Lo chef Mauro Uliassi (foto Effimera)

Lo chef Mauro Uliassi (foto Effimera)

Bologna, 29 ottobre 2017 - Lucia Antonelli (Taverna del Cacciatore), Stefano Bartolini (Osteria Bartolini), Francesco Elmi (Pasticceria Regina di Quadri), Erik Lavacchielli (Fourghetti), Raffaele Liuzzi (Locanda Liuzzi), Max Mascia (Ristorante San Domenico Imola), Cristian Mometti (La Porta di Bologna), Maria Grazia Soncini (La Capanna di Eraclio), Massimo Spigaroli (Antica Corte Pallavicina), Gabriele Spinelli (Pasticceria Dolce e Salato), Irina Steccanella (Mastrosasso): ecco la squadra di chef con tante stelle che lunedì sbarcherà alla Porta di Bologna, in via Stalingrado 37, per sostenere i principi dell’alimentazione che fa bene alla salute e che viene promossa da Eubiochef, la manifestazione gastronomica ideata da Eleonora Gazzotti per Ant, al fine di sostenere il Progetto Eubiosia (buona vita anche nella malattia). Testimonial, intervistato da Mauro Bassini in apertura di serata alle 19,30, Mario Uliassi del ristorante Uliassi di Senigallia, due stelle Michelin. Eubiochef è nata quattro anni fa quando Ant ha inserito il nutrizionista che fa visite di prevenzione alimentare, studiando una dieta personalizzata per la persona. Eubiochef ha da quattro anni un sostenitore come Unipol Banca e da quest’anno Centro Infiniti. Per effettuare donazioni e ritirare gli inviti: sedi Ant via Jacopo di Paolo 36 e Corte Isolani 8/A, UndiciEffe, via XXI Aprile 11/B; Calzedonia, via Indipendenza 2/F; Profumeria Murri, via Murri 49. Sito www.ant.it, donazione minima 50 euro.

Se uno dei suoi piatti ‘firma’ s’intitola ‘Una passeggiata sul Delta del Po’, possiamo solo aspettarci grande evocazione anche dalla ricetta che Maria Grazia Soncini della Capanna di Eraclio, una stella Michelin a Codigoro, porterà a Eubiochef: seppie di nassa con il loro inchiostro e polenta di mais bianca.

Soncini, lei e il suo mondo che evoca sempre memoria, lentezza, attenzione e poesia. Ancora grande tradizione a Eubiochef?

«La polenta bianca è tipica della zona del Delta del Po e noi di Goro, ultimo avamposto del Polesine, usiamo questa polenta che si usa anche a Venezia e fino a Caorle e Grado. Poi ci sono le seppioline di nassa pescate nella sacca di Goro, che in questo periodo sono proprio quelle nate dalla deposizione delle uova di maggio. In più le facciamo nere».

Lasciate l’inchiostro?

«Sì, le puliamo di tutto, le tagliamo a pezzi e le mettiamo in un tegame con fondo di cipolla. Poi le portiamo a cottura con un po’ d’olio e lentamente, per poco. E lasciamo l’inchiostro, così lunedì sera avremo una pentola bianca di polenta e una nera di seppioline».

La polenta è un buon sostituto del pane, anche se un tempo sfamava i poveri...

«Certo, non c’era grano, ma mais e la gente poteva permettersi ben poche vitamine. Oggi può essere considerato un buon sostituto del pane, con meno calorie e senza glutine».

Per lei un’alimentazione sana in cosa consiste?

«Nell’uso di materie prime sane. Per quel che riguarda il pescato è un prodotto selvaggio, animali che mangiano quello che devono mangiare liberamente. Forse le mie cotture rimangono tradizionali e meno leggere, ma sento il dovere di proporre la tradizione».

Per Eubiochef, Massimo Spigaroli dell’Antica Corte Pallavicina a Polesine Parmense, una stella Michelin, ha creato un piatto inedito: raviolo di zucca su crema di topinambur, mostarda di anguria e artemisia. E ha donato non solo la sua presenza, ma anche tutti gli ingredienti utilizzati.

Cosa racconta il suo piatto, Spigaroli?

«C’è il territorio, c’è la stagionalità e infine c’è la ricerca del bosco"

Noto due ingredienti come l’artemisia e il topinambur, che sanno di ancestrale e arrivano in tavola dal passato, riscoperti. L’artemisia è una pianta infestante soprasseduta da salvia, rosmarino e timo che ora fa ritorno dal passato, come il topinambur, la patata dei poveri di epoca pre-colombiana. Che cosa li ha fatti tornare?

«Si riscoprono perché è passata l’onda del consumismo e anche perché c’è più cultura dell’alimentazione, grazie a internet, ma anche al lavoro di Slow Food, l’ombelico di tutto».

Come definisce la sua cucina?

«Mi piace chiamarla gastro-fluviale, perché segue il fiume e celebra l’umidità e la nebbia. Una cucina non aggressiva, non invasiva».

Infine c’è la zucca...

«La zucca è ancora tradizione, come tutto il resto, e nel riportare ciò che stato dimenticato, si dà anche forza alla creatività, rappresentata da questa pasta ripiena in relazione al resto, che è facilmente riconducibile alla nostra terra».

Lei sente la responsabilità di essere un esempio come chef?

«Sì, molto. Siamo degli esempi, oggi, soprattutto per la visibilità, e lo sappiamo bene. Dalla tavola parte molto di quello cui la gente dà attenzione, quindi se noi offriamo attenzione verso certi argomenti, questo arriverà a molti».

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