Bologna, dai Blues Brother a Amy Winehouse. Sette musicisti al Lumière

Da stasera la rassegna ideata dall'ex assessore Alberto Ronchi. Il programma fino al 20 gennaio

Sabato 19 gennaio la pellicola dedicata a Emy Winehouse

Sabato 19 gennaio la pellicola dedicata a Emy Winehouse

Bologna, 10 gennaio 2019 - Sette ritratti di musicisti sono quelli che vedremo da oggi al cinema Lumière grazie a una rassegna curata dall’ex assessore alla cultura del Comune, Alberto Ronchi. Inaugurazione quindi alle 22.30 (la serata è promossa in collaborazione con ‘Disco d’oro’) con l’austero e profondo film-performance di Nick Cave: One More Time with Feeling, diretto nel 2016 da Andrew Dominik. Il mitico The Blues Brothers, inossidabile oggetto di culto creato nel 1980 da John Landis, naturalmente con John Belushi e Dan Aykroyd, e una parata di star del soul che va da James Brown a Ray Charles, passando per Aretha Franklin, è in programma sabato (ore 22.15). Bob Dylan è uno nessuno e centomila nel film del 2007 di Todd Haynes Io non sono qui (domenica, ore 22.15). La cerebrale eleganza di Laurie Anderson piange con accordi sommessi la morte del suo cane, e chiama a raccolta le perdite d’una vita: è lei stessa a firmare nel 2015 Heart of a Dog, in programma il 16 gennaio alle 22.15. Jonathan Demme ha realizzato una trilogia tutta dedicata a Neil Young: il 18 gennaio, alle 22, il capitolo conclusivo, quello del 2011, Neil Young Journeys. La vita troppo presto perduta di Amy Winehouse, jazzsinger talentuosa e circonfusa dal mito, è raccontata da Asif Kapadia in Amy-The Girl Behind the Name (19 gennaio, ore 22). Chiusura affidata a un classico del genere, il 20 gennaio (ore 22): Quadrophenia, diretto nel 1979 da Franc Roddam e tratto dalla rock-opera degli Who del 1973.

«One, two, three o’clock, four o’clock rock scandisce Bill Haley in Il seme della violenza, film di Richard Brooks del 1955 – scrive Ronchi – . Questo è solitamente indicato come il momento in cui il rapporto di collaborazione/contaminazione tra cinema e musica rock inizia a svilupparsi in diverse varianti, fino a delineare un vero e proprio ‘genere’, ancora oggi molto praticato e di successo, come dimostrato da Bohemian Rhapsody...».

Stasera dunque il via (alle 22.30) nel segno di Nick Cave: un film-performance in cui Nick Cave & The Bad Seeds interpretano le canzoni di Skeleton Tree, il loro album del 2016, il primo dopo il drammatico lutto che ha colpito l’artista l’anno precedente. Lo stile fotografico del film riflette l’intimità e l’austerità dell’album, testimonianza cruda e fragile di un artista che tenta di trovare la sua strada attraverso l’oscurità. Se sabato (22.15) tocca al cult inossidabile di John Landis The Blues Brothers concepito da Landis e Dan Aykroyd come «un incrocio tra Singin’ in the Rain e Ben Hur», domenica (22.15) Io non sono qui ovvero il biopic secondo Todd Haynes dedicato a Bob Dylan: sei personaggi apparentemente lontani dal cantautore americano incarnano, tra realtà e finzione, schegge della sua biografia e della sua carriera. Nel cast Christian Bale, Heath Ledger, Richard Gere e una sorprendente Cate Blanchett nel ruolo più dylaniano. Il 16 gennaio (22.15) con Heart of a Dog la voce di Laurie Anderson consegna un suo intimo libro dei morti. Il punto di partenza è la morte del suo cane, che chiama a raccolta le perdite d’una vita.

Il 18 gennaio (ore 22) Neil Young Journeys di Jonathan Demme: nell’ultimo atto della trilogia dedicata al musicista, Demme racconta il ritorno del cantante sessantacinquenne nella sua Toronto in occasione di due concerti. Il 19 gennaio (ore 22) il film che racconta la tormentata storia di Amy Winehouse, talentuosa e carismatica star della musica, jazz singer dalla voce inimitabile, scomparsa nel 2011 a 27 anni. Attraverso immagini e filmati d’archivio inediti e le parole delle sue canzoni, Asif Kapadia ricostruisce il profilo più intimo dell’artista. Gran finale il 20 gennaio (ore 22) con Quadrophenia di Franc Roddam: esce nel 1979; porta sullo schermo l’opera musicale firmata Who e datata 1973; e torna indietro al 1965, negli anni in cui gli scontri tra le bande dei Rockers e dei Mods è senza quartiere. Rabbie giovani, musica e droga, moda e sballi, british graffiti più acidi che malinconici. Sting appare nel ruolo di un bistrattato fattorino che di sera diventa un principino Mod. «Uno dei più strazianti ritratti d’angoscia adolescente» (The Village Voice).

r. c.

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