Gli spaghetti alla bolognese finiscono sotto 'processo' a Bologna / SONDAGGIO

"Sono famosi in tutto il mondo", "Ma non esistono". Una giuria popolare deciderà a Fico sul caso gastronomico IL VOTO / Ecco come è finita la disfida

Alberto Sordi e gli amati spaghetti

Alberto Sordi e gli amati spaghetti.

Bologna, 28 giugno 2018 - I turisti son lì lì per capire, finalmente, che la ricetta degli spaghetti alla bolognese è un «fake», ma ecco che il piatto più odiato dagli abitanti della Grassa continua a essere un cult e tema di discussione. Il caso gastronomico dei famigerati spaghetti ha sempre un grande riscontro mediatico, perché quando ci si può mettere a tavola per argomentare sul cibo, da queste parti, non ci si tira indietro.

IL VOTO / Ecco come è finita la disfida

E anche quando gli stranieri smetteranno di chiedere i «bolognaise» della discordia – facendo riferimento al sugo di carne, il nostro ragù, che in America preparano addirittura sotto forma di polpette per condire la pasta – c’è da credere che la querelle, in città, rimarrà comunque un grande occasione da declinare in eventi, pranzi, cene, nascita di Confraternite, Apostolati, Accademie, Balle e disfide all’ultima sfoglia.

L’indottrinamento felsineo, dopo anni di spieghe da parte degli stessi cittadini e dei ristoratori e grazie alla recente azione dell’ufficio turistico locale che coinvolge trasmissioni televisive straniere per fare informazione sul tema (il giornalista Michael Portillo della BBC, nel 2016, camminando per le strade della nostra città, non era riuscito a trovare la conferma sull’esistenza dei «bolognaise» ma solo tracce di tortellini, tagliatelle e lasagne) sta dando i suoi frutti, ma lo spaghetto alla bolognese, che secondo molti esiste in quanto «altra» ricetta, ovvero con un condimento differente (tipo un ragù del giorno prima allungato con verdure e piselli), in città è un po’ come il tavolo che si ribalta nelle comiche o nei western per l’attesa scazzottata: non si vede l’ora di affrontare l’argomento, infuriandosi col dito alzato e salendo in cattedra, per sostenere il proprio pensiero, ridefinire i confini di una territorialità gastronomica unica, ma infine sedersi a tavola per provare le due ricette, tagliatelle al ragù e spaghetti al ragù, e decidere chi avrà la meglio.

C’è molta goliardia in queste pensate, ma anche strategia. Proprio due anni fa Piero Valdiserra scrisse il piccolo volume “Spaghetti alla bolognese: l’altra faccia del tipico”, cavalcando l’idea che l’odiata ricetta potesse trasformarsi in azione di marketing territoriale.

L’esperto di comunicazione, venuto a mancare poco dopo la pubblicazione, partiva dalla constatazione che esistessero molt luoghi comuni sugli spaghetti alla bolognese, il primo piatto, in verità, che porta nel nome, in tutto il mondo, la città felsinea.

E ad un certo punto anche l’allora assessore al marketing, oggi alla cultura, Matteo Lepore, ci credette: «Lo spaghetto alla bolognese ha un senso – furono le sue parole – il mondo lo usa già e secondo il marketing se hai una cosa conosciuta la devi usare, anche perché non è che la nostra città sia poi così universalmente nota».

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