
Roberto Saviano, scrittore e giornalista, sarà due giorni a Bologna per presentare ’L’amore mio non muore’ come libro e recital
Quella di Rossella Casini è "la storia d’amore più drammatica e potente in cui mi sia mai imbattuto". A raccontarlo è Roberto Saviano, che alla studentessa di Psicologia vittima di ‘ndrangheta, dedica il suo ultimo romanzo. Nel 1977, Rossella conosce Francesco Frisina, calabrese della Piana di Gioia Tauro, iscritto anche lui all’università. Si innamorano, d’estate vanno insieme a Palmi, dai genitori di lui. Rossella scopre presto che i Frisina sono legati alla potente ‘ndrina dei Gallico, da poco entrata in guerra con quella dei Condello. Quando le armi iniziano a sparare, invece di andarsene, Rossella sceglie di rimanere, convinta l’amore possa addirittura fermare la faida. Nel 1981 la ragazza sparisce da Palmi. Nessuno la rivedrà più. E il corpo non viene mai ritrovato.
Lo scrittore e giornalista Roberto Saviano – che dal 2006 dopo il successo di Gomorra, vive sotto scorta – presenta L’amore mio non muore (Einaudi Stile Libero) domani, alle 18,30, alla libreria Coop Ambasciatori di via Orefici. Martedì, alle 21, l’autore porta poi al Teatro Duse il recital tratto dall’omonimo romanzo.
Saviano, perché ha scelto proprio la storia di Rossella? "È una storia in cui il sentimento viene vissuto con un’intensità tale da potermi permettere di raccontare tutte le sfumature dell’amore: lo slancio, la potenza, la delusione, la passione e la cecità. Aver incontrato questa storia ha significato, per me, anche cambiare profondamente lo sguardo sull’amore".
Ha detto anche che l’amore e il tema più pericoloso che si possa affrontare. Perché? "Si rischia l’inautenticità. Di idealizzare e al contempo di svilire. Utilizzando il percorso di Rossella, però, sono riuscito a rendermi conto che il suo moto d’amore è completamente diverso dal mio. Laddove lei ama con generosità io avrei risposto con diffidenza, laddove lei ha fiducia io avrei risposto con prudenza. È stato meraviglioso vedere che, per Rossella, amare è una condizione di vita. Indipendentemente da come finirà una relazione, l’amore non può esserti tolto. E, in ogni caso, ti ha permesso una forma di conoscenza più profonda".
Se avesse potuto scrivere un finale diverso per Rossella Casini, quale sarebbe stato? "La immagino andare via. Capire che l’amore non è una condizione sufficiente per cambiare le cose. E che a un certo punto si deve fare una scelta: quella di proteggersi. Se avessi dovuto scrivere un altro finale, sarebbe stato questo: una Rossella che, piena di dolore, lascia la Calabria e si salva".
Ha raccontato della sua vita sotto scorta, del senso di solitudine che la opprime, della mancanza di libertà e delle relazioni amichevoli o amorose compromesse. Il palcoscenico riesce in qualche modo ad alleviare questa condizione? "No, il palcoscenico non allevia, però riempie. Colma tutti quegli spazi che altrimenti avrei chiusi. La cattività non mi ha reso in grado di vivere con libertà sentimenti ed emozioni. Non sono stato in grado. Tutto l’orrore che ho visto, le battaglie che ho combattuto, le problematiche che sono scaturite, mi hanno portato alla consapevolezza bizzarra e drammatica che non meritassi l’amore. Risponderei con diffidenza, distanza e assenza. E, questo, credo sia dovuto alla cattività in cui sono chiuso".