Bologna, processo bis sulla strage del 2 agosto. Scintille in aula fra accusa e difesa

Processo bis a Gilberto Cavallini come complice, Bolognesi: "Si può fare un passo avanti per la verità". I pm in Svizzera per indagare su Gelli

2 agosto, al via il processo bis sulla strage alla stazione di Bologna (FotoSchicchi)

2 agosto, al via il processo bis sulla strage alla stazione di Bologna (FotoSchicchi)

Bologna, 21 marzo 2018 – Novanta parti civili, 140 testimoni, decine fra giornali e televisioni da mezza Italia, un solo imputato. Sono i numeri del processo bis sulla strage del 2 agosto che si è aperto oggi in tribunale (FOTO), uno dei più importanti mai celebrati a Bologna negli ultimi anni. A quasi 38 anni da quella terribile mattina in cui la bomba alla stazione uccise 85 persone e ne ferì più di duecento, parte dunque il nuovo tentativo giudiziario di fare piena luce sul più grave attentato del dopoguerra.

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Davanti alla Corte d’assise, presieduta dal giudice Michele Leoni e composta dal giudice a latere Paola Passerone e da sei giudici popolari, Gilberto Cavallini, 65 anni, ex terrorista dei Nar, ergastolano attualmente in semilibertà, dovrà difendersi dall’accusa di concorso in strage. Secondo il procuratore capo Giuseppe Amato e i pm Antonella Scandellari e Antonello Gustapane, fornì documenti falsi e appoggio logistico ai tre terroristi neri già condannati in via definitiva come esecutori materiali dell’eccidio, Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Oggi Cavallini non è in aula, ma ci sarà nelle prossime puntate.

Lo assicura la difesa: "Gilberto Cavallini verrà. Non solo accetta l'esame, lo pretende. E dichiarerà la sua estraneità alla Strage, che non ha nulla a che vedere con lui e con gli errori infiniti commessi, non certo legati ad attività stragista". Lo ha scandito l'avvocato Alessandro Pellegrini, che insieme al collega Gabriele Bordoni difende l'ex Nar.

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Il processo si è aperto in perfetto orario alle 9,30 e, dopo una richiesta (respinta dai giudici) della difesa di non ammettere tutte le parti civili, si è passati al vero e proprio processo con la richiesta da parte di accusa, parti civili e difesa di ammissione delle prove, cioè i testimoni da sentire e i documenti da acquisire. 

La responsabilità attribuita a Cavallini di concorso nella strage di Bologna si ricava dalla "lettura combinata delle sentenze irrevocabili" emesse nei suoi confronti per altri delitti e nei confronti dei suoi presunti complici, Fioravanti, Mambro e Ciavardini per l'attentato del 2 agosto del 1980. Le responsabilità per la strage, dunque, ha spiegato il pm Scandellari, illustrando le ragioni a sostegno delle richieste di testimoni per l'accusa, "si riverberano sulla posizione di Cavallini", che per la Procura avrebbe dato supporto logistico agli attentatori, fornendo alloggio, auto e documenti falsi.

Cavallini, ha aggiunto il pm Gustapane, faceva parte della stessa banda armata degli altri Nar condannati per la Strage, un gruppo che "aderiva ad un'ideologia neofascista spontaneista, che propugnava la lotta allo Stato borghese attraverso piccoli nuclei di persone estremamente decise che si doveva rendere responsabile di azioni eclatanti per disgregare lo Stato". E Cavallini, emerge dalle sentenze, "all'interno della banda aveva un ruolo apicale", ha detto Gustapane. 

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BOLOGNESI - Uno dei primi ad arrivare è stato Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione parenti delle vittime della strage. Il deputato uscente si è detto fiducioso: "Il nostro stato d'animo è positivo perché c'è la possibilità di fare un passo avanti per la verità. Qui però bisogna vedere se la verità si vuole o meno, non tanto per questo processo ma per altre situazioni".  Bolognesi ha anche risposto a una domanda dei cronisti sull'inchiesta sui mandanti della strage, che da qualche mese ha avocato la Procura generale. "Io credo - ha detto - che da qui possono trovarsi degli spunti da inserire nell'altro filone". 

AMATO - "E' un processo in cui crediamo ed è, ovviamente, non solo un accertamento della responsabilità penale ma anche una risposta in favore e nell'interesse dei familiari delle vittime": lo ha detto il procuratore capo di Bologna, Giuseppe Amato, in occasione dell'apertura del nuovo processo sulla strage del 2 agosto. "Ci fa piacere che ci siano le parti civili che ci supportano in questo sforzo che non è facile a oltre 37 anni di distanza dai fatti. Noi riteniamo - ha sottolineato Amato - che ci siano gli elementi in una lettura coerente con i giudicati di condanna di Mambro, Fioravanti e Ciavardini, a supporto di questa responsabilità concorsuale che - ha concluso il magistrato - riteniamo debba essere riconosciuta a carico di Cavallini". 

L'INCHIESTA SUI MANDANTI - Nell’altro filone d’inchiesta, quello sui mandanti della strage, i magistrati della Procura generale dopo l’avocazione stanno lavorando a spron battuto e proprio nei giorni scorsi sono andati in Svizzera, a Ginevra, per incontrare i loro colleghi nell’ambito della rogatoria sul famoso conto corrente di Licio Gelli che potrebbe avere un legame con il 2 Agosto.

L’ipotesi è che dal conto, riconducibile al venerabile maestro della P2, siano transitati 14 milioni per finanziare l’attentato. Non solo. Gli inquirenti in queste settimane stanno anche sentendo diverse persone. Il fascicolo, ancora contro ignoti, è affidato ai pg Alberto Candi e Nicola Proto, coordinati dal procuratore capo Ignazio De Francisci.

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È stata l’associazione tra i familiari delle vittime della Strage, con i suoi esposti, a innescare le nuove inchieste sul 2 Agosto, indicando ai magistrati uno scenario allargato alle altre stragi nere che collegherebbe i Nar a Ordine Nuovo, alla P2 e ai servizi deviati. Contro questa teoria si battono Bordoni e Pellegrini, gli avvocati di Cavallini. La linea difensiva è quella già sostenuta dai Nar nei processi precedenti: il 2 agosto 1980 i quattro non erano a Bologna, ma in Veneto.

È infatti pacifico che quel giorno Cavallini e i tre già condannati erano assieme, quindi l’unica arma dei legali è tentare di introdurre nel processo piste alternative, a cominciare da quella ‘palestinese’. Perciò hanno chiesto di sentire come testimoni una serie di persone, in primis il terrorista internazionale Carlos lo Sciacallo

In aula ci sono state scintille fra pm e avvocati della difesa di Cavallini sull'ammissione delle prove che si riferiscono alla pista palestinese. La Procura infatti ha chiesto che non siano ammesse. Non solo. I pm hanno chiesto anche di non ammettere parte dei testimoni chiesti dalle parti civili. E questo è un fatto decisamente più atipico. Alla fine la corte si è riservata e comunicherà la propria decisione nella prossima udienza fissata per il 4 aprile. 

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