LA PROSPETTIVA che si apre nel breve percorso dalla Piazza di Porta Ravegnana alla via di Santo Stefano è particolarmente suggestiva. Gli insigni palazzi e le antiche case preannunciano la visione dello straordinario insieme di chiese: facciate brune, portali, bifore, ornamenti in terracotta, delicate policromie, arche funerarie, il pulpito (pergamo). Le vie Santo Stefano e Gerusalemme ne sono il degno contorno. La strada dedicata alla Città Santa ci rammenta che ci troviamo in uno spazio sacro e rappresentativo dei luoghi gerosolimitani. Alcuni studiosi sostengono che il nome della via Gerusalemme un tempo era via Betània (o Bettània); altri affermano che si chiamava Santa. Qualunque fosse l’esatto nome attribuito alla via comprendiamo che ci troviamo in un’area che, con un buon grado di attendibilità, doveva raffigurare i luoghi santi di Gerusalemme. La via di Santo Stefano era in origine indicata come la Strada Santo Stefano (abbreviata nell’uso comune in Strada Stefano).
 

LA PIAZZA antistante assunse il nome di Piazzola di Santo Stefano (in mezzo ad essa, anticamente, vi era una grande e bellissima quercia) e anche di Trebbo dei Beccadelli dalle case dell’omonima famiglia; così come la via che dalla Piazza della Mercanzia conduce alla chiesa di Santo Stefano un tempo veniva chiamata Via dei Bianchi, dal palazzo della famiglia Bianchi. Poco oltre il complesso stefaniano, verso San Giovanni in Monte, era ubicata fino al 1798 la chiesetta di Santa Tecla e una piccola strada denominata Valle di Giosafat. Dopo la demolizione della stessa, lo spiazzo che ne prese il posto fu detta Piazzetta di Santa Tecla.
 

LA VIA de’ Pepoli che va da via Santo Stefano – precisamente dalla casa dei Beccadelli – a via Castiglione era denominata anticamente Vivaro (o Vivario e in seguito Viaro). Sul termine Vivaro molte e talvolta curiose sono state le interpretazioni. Si trattava con ogni probabilità di un terreno appartenuto all’abbazia di Santo Stefano e destinato a pescheria o vivaio per il pesce, di cui i Benedettini facevano un largo uso, poiché, secondo la loro regola, non potevano consumare carne. Sul lato destro del complesso di Santo Stefano contempliamo il Palazzo Salina Amorini Bolognini (ai civici 9, 11, 13), il Palazzo Bianchini (civico 15), le case de’ Beccadelli – le cosiddette “Case Tacconi” poi Bovi – (civici 17, 19 e 21) con le loro facciate scandite da finestre ad arco acuto e terrecotte. E sul lato sinistro i Palazzi Isolani (civici 16 e 18). Al centro la Chiesa di San Giovanni Battista (del Crocifisso), unico attuale accesso al complesso: sopra il portale la mano benedicente e la scritta Sancta Sanctorum. Sul lato destro della chiesa scorgiamo il monastero di Santo Stefano con il suoi alti cipressi e il giardino, e sul lato sinistro l’ottagonale chiesa del Santo Sepolcro – di cui vediamo per il momento solo tre lati – in origine dedicata al protomartire Stefano. E accanto ad essa la chiesa dei Santi Vitale e Agricola. Le sculture che adornano la porta principale e quella laterale (affacciata su via gerusalemme) della chiesa dei protomartiri sono suggestive e originali. le colonnine che fiancheggiano il portale sono ornate da capitelli con figure umane e animali. Fino ai primi decenni del Novecento sulla facciata della chiesa dei Santi Vitale e Agricola era posta la figura di San Pietro, ora visibile nella chiesa della Trinità. Sul lato perimetrale sinistro della chiesa del Crocefisso noteremo la lapide marmorea dedicata alla dea Iside e ritrovata nel 1299 a pochi metri dall’attuale complesso. E’ da questa affascinante epigrafe che potremo iniziare ad inquadrare la storia del dedalo stefaniano.
(2- continua)