Bologna, 11 marzo 2010 – Non solo è accusato di tentata eutanasia, perché avrebbe cercato di dare la ‘dolce morte’ allo zio settantenne. Ora Franco Naccarella, 59 anni, noto cardiologo impegnato fino a poco tempo fa nel mondo cattolico, è finito a processo con l’accusa di aver prescritto esami e farmaci a pazienti già morti.

Secondo la ricostruzione del pm Antonello Gustapane e dei carabinieri del Nas, infatti, Naccarella avrebbe compiuto i reati mentre conduceva una sperimentazione clinica autorizzata dall’Ausl nell’ambito della convenzione con la Fondazione italiana per la lotta alle malattie cardio-vascolari. Avrebbe compilato schede mediche da cui risultavano eseguite visite cardiologiche, ecocardiogrammi e valutazioni degli esami del sangue a quattro pazienti che in realtà erano già deceduti da tempo.

La falsificazione aveva lo scopo, sempre secondo l’accusa, di attestare che la sperimentazione era stata regolarmente effettuata, mentre in realtà non era così. Il sospetto degli inquirenti che Naccarella, difeso dall’avvocato Massimo Jasonni, potesse avere un tornaconto per falsificare le schede non ha però trovato riscontri. E così il dottore è finito a processo ‘solo’ per falso ideologico e materiale. Ieri era in programma la prima udienza, ma lo sciopero degli avvocati ha fatto slittare tutto al 9 novembre. I fatti che risalgono al 2006 e le persone offese sono il Ministero della Salute, l’Ausl e la Fondazione.

Naccarella però respinge le accuse, con sdegno: “Mai fatto prescrizione a pazienti deceduti. Ci siamo trovati in difficoltà perché eravamo senza infermieri e non potevamo accedere all’anagrafe del Comune. Noi facevamo regolari prescrizioni di terapia anticoagulante, se il paziente non veniva a ritirarle mica era colpa nostra. Non potevamo farci niente. Quando ci siamo accorti che quattro pazienti non le avevano ritirate, siamo andati noi all’anagrafe e siamo venuti a sapere dei decessi, peraltro accaduti al massimo da 20 giorni. A quel punto abbiamo corretto i dati. Non si può fare assistenza senza avere accesso all’Ufficio anagrafe del Comune, noi non possiamo sapere se il paziente non viene perché rinuncia alla terapia o perché è morto”.
 

Ma tutto questo per Naccarella, molto amareggiato, nasconde forse altro: “Questa è l’ennesima dimostrazione che mi vengono formulate accuse inesistenti. Anni fa feci il concorso per diventare primario ma vinse un altro. Io feci ricorso al Tar e non me l’hanno mai perdonato”.
 

Naccarella era finito sotto inchiesta anche per truffa ai danni dell’Ausl, che l’ha poi licenziato. Da quell’accusa però il cardiologo è stato prosciolto dal gup e attualmente è pendente in Cassazione il ricorso del pm. Lui intanto ha fatto ricorso contro il licenziamento: “Oggi lavoro in una struttura privata — dice —, con molta più soddisfazione e rispetto da parte dei pazienti. Però ho subito un’ingiustizia e chiederò i danni morali e materiali, che devolverò interamente all’Opera di padre Marella”.

Naccarella è stato in passato presidente dell’Associazione medici cattolici di Bologna. E proprio lui, che si è battuto pubblicamente contro l’eutanasia, è accusato di aver tentato di dare la ‘dolce morte’. In un primo tempo la Procura aveva accusato l’anziana madre di Naccarella di aver praticato l’iniezione di potassio al fratello (cioè lo zio del cardiologo), ma il gip ha respinto questa ricostruzione. Ora il pm Lorenzo Gestri riformulerà l’accusa, secondo cui sarebbe stato proprio Naccarella a fare l’iniezione.

“Assurdo — replica —. La dose era ridicola, non poteva uccidere nessuno (lo zio è morto infatti successivamente per cause naturali;) e mio zio era sorvegliata da infermieri e macchinari. Come poteva un medico fare una simile sciocchezza? E’ ridicolo. Quello è stato un tragico errore di mia madre. Io vengo incolpato ingiustamente”.