Bologna, 16 luglio 2010 - «SOC... che puzza»! È volgare, ma efficace. In dieci minuti lo ripetono 5 volte. Chi non lo dice, lo pensa. Tutti, salvo le belle signorine, alle prese con i saldi, meno dirette ma con delle facce che parlano.
 

Un muro di tanfo divide due boutique di via Indipendenza. In direzione centro, superato ‘Zara’, e quella ventata di fresco artificiale che fuoriesce dal negozio, l’aria che si respira è inaffrontabile. Urina come un pugno nello stomaco. Per ritrovare il sorriso occorre: attraversare quei due lunghissimi metri velocemente; pensare ‘nel mondo c’è sempre chi sta peggio’ e raggiungere l’ingresso di ‘H&M’ dove i polmoni tornano a pompare.
 

Se si è masochisti, invece, si svolta per vicolo degli Ariosti. Ribattezzarlo ‘vicolo dei miracoli’ sarebbe di buon auspicio nell’attesa, più che di un’apparizione, della totale scomparsa di chi lo usa come urinatoio. Qui però niente gatti, animali puliti, ma piccioni. Più fortunati anche loro rispetto agli umani obbligati a calpestare miscugli di sostanze non identificabile. Ok la passione per il lavoro, ma avvicinarsi è contro natura. Insano e antigienico. Sullo sfondo tre appendiabiti. La speranza è che il loro destino non sia tornare in negozio. Il vicolo è cieco. E puzza così tanto che non lo vorrebbero neanche al Monopoli. Però c’è un cancello che divide il breve e duro tragitto. Un’idea: chiuderlo per arrestare gli autori del lerciume?
Ma una precauzione, bisogna dirlo, nella vietta è stata presa. Si tratta di un cartello: ‘Vietato appoggiare biciclette’ (così resta libero il muro e si può scegliere dove è meglio mirare per fare pipì, ndr).
 

ABBANDONIAMO il posto. Prendiamo fiato. E un po’ d’acqua. Per riprendersi, però, non basta berla. È necessario buttarsela almeno sul viso. La sensazione è che la puzza ti resti addosso. Ripartiamo. Scegliamo un percorso turistico. Quello che farebbe uno straniero che, guida alla mano, decidesse di visitare i luoghi d’arte e divertimento. Prima tappa al Museo civico medievale e poi al teatro auditorium Manzoni per godersi uno spettacolo in prima serata. Bene, il tragitto più breve è passando per via De’ Piatesi. Dopo 100 metri sul lato sinistro troverebbe un portone della chiesa della ‘Madonna di Galliera’ recintato e un maleodore a piede libero. Ci spiegano: «È l’urinatoio per eccellenza. A forza di farla hanno chiuso la zona per evitare che il portone, ormai fradicio, venisse giù». D’estate, si sa, tutti sperano che passi un ‘filino’ d’aria, ma scongiurarlo finché si è lì avrebbe dell’assurdo. Jalel Chamkhi, che lavora a distanza di pochi metri dal luogo del orrore, ha optato per una mascherina anti-tanfo: «È dura anche parcheggiare il camion in quella via. Non ho mai sentito una puzza così. Poi con il caldo è vomitevole».
 

VIA DE Monari non è da meno. Qui si soffoca. Come se le chiazze di urina indelebili e gli escrementi non bastassero, c’è una bella impalcatura che fa da cappa. «Fa schifo» chiosa Valerio Basile. «Bevono ed espellono istantaneamente» gli fa eco Luca Cervone che aggiunge: «Diceva Tinto Brass, ‘non c’è cosa più eccitante che vedere una donna fare pipì’, ma mio Dio, vederle per strada... ». Ironico Francesco Draicchio: «Vivo in provincia, meglio il nostro concime che la puzza che si respira in città». Poi la voce di una residente, Carlotta Franceschini: «Vedi questi barbari fare i loro bisogni a tutte le ore del giorno e della notte. Ovunque e senza ritegno. È scandaloso. In treno ho sentito turisti parlare della mia città. Non per la bellezza. Per la sporcizia e i graffiti. Servono più controlli. Multe anche a chi urina per strada».
Su via Galliera quasi ogni colonna ha il marchio d’inciviltà. E un minimo spostamento d’aria ti ricorda che esistono. Sulle pareti? Stessi ‘schizzi da autore’.

Ripugnante. Si susseguono sino a Piazza San Giuseppe. Isabella Sacconi ci ha abitato per tre anni: «D’estate vedevo gente urinare da quella finestra (la indica, ndr). C’era una cabina telefonica che praticamente era il bagno pubblico. Ho sentito dire che via Galliera era una tra le vie più signorili. È un peccato». Il tour del disgusto si conclude in via Strozzacappe. Qui testimoni oculari giurano di aver visto anche donne tirare su la gonna e farla. Verso sera inizia l’andirivieni. Ma grazie al cantiere nella piazza, dicono, ora c’è meno traffico di zozzoni. Quando mai un cantiere fu più amato? (Civis docet).