Bologna, 24 giugno 2011 - IL TRIBUNALE in via Farini, a Palazzo Pizzardi? «Un magnifico esempio di ecoquartiere urbano integrato». Gabriele Tagliaventi, architetto e urbanista, ama remare controcorrente. E promuove a pieni voti la scelta — su cui finora sono grandinate solo critiche — di piazzare il nuovo Palazzo di giustizia a un passo da piazza Maggiore.
 

Architetto, che fa, provoca?
 No, affatto. Per una volta siamo davanti a una cosa intelligente».
 

Spieghi.
 Si è costituito un eco-distretto pedonale tra Palazzo Ruini-Ranuzzi, il complesso di San Domenico e Palazzo Pizzardi. Tre sedi giudiziarie a distanza pedonale, in un sistema urbano con abitazioni e negozi. È il modello di città del futuro».
 

Ma ogni mattina è il caos.
La vita è vita. La vita non è un mondo ideale. Nella realtà ci sono i cellulari della polizia penitenziaria, i pullman, i vigili del fuoco, il traffico. È infantile pensare di eliminarli».
 

La cittadella giudiziaria non sarebbe stata meglio lontana dal centro?
 Queste sono manie Anni ’70. Allora si volevano le megastrutture. Così abbiamo creato enormi periferie disabitate, devastato preziosi terreni agricoli, tutto per un costo maggiore: minor qualità della vita e una città basata sull’auto».
 

Insomma, troppa periferia?
 Per decenni le politiche urbanistiche hanno pensato che dispersione e bassa densità fossero un valore. Ora ci troviamo con una città grande come Parigi, impossibile da gestire con 380mila abitanti».
 

Parigi?
 Bologna si estende su 9mila ettari. Come Parigi, che però ha 2 milioni di abitanti. Bilbao e Nizza hanno circa i nostri residenti, ma sono grandi 1.800 e 5mila ettari».
 

Che cosa significa?
 Che i bolognesi hanno un enorme carico fisso di spese per mantenere 9mila ettari di strade, fognature, illuminazione, luce, gas».
 

Dunque?
 Impariamo dalle esperienze altrui e proviamo a rimediare. A ricercare un equilibrio fra popolazione e territorio impegnato».
 

Teoria interessante. In pratica?
 Dobbiamo guardare al modello Bolognina. Naturalmente adeguandolo ai tempi».
 

Cos’è il modello Bolognina?
 Significa trasformare le periferie in ecoquartieri autosufficienti, che soddisfino, in termini di servizi pubblici e privati, tutti i bisogni quotidiani dei loro abitanti. Bisogna trovare identità nel vivere nel proprio quartiere. È così in tutte le grandi città del mondo».
 

Ma come si fa?
 "Recuperando tutti i vuoti a disposizione».
 

Traduca.
 Penso agli ipermercati, da demolire e trasformare in quartieri urbani, alle ex aree militari, allo stadio, intorno a cui costruire una città dello sport».
 

Demolire gli ipermercati?
 "Al loro posto, nuovi ecoquartieri, con maggiore superficie commerciale, ma anche uffici e appartamenti. Lo fanno già negli Usa, dove i grandi <CF202>mall</CF> vengono abbattuti. Ma penso anche a certe periferie...».
 

Vuole demolire anche quelle?
" In Francia lo fanno. La legge Borloo ha dato il via alla demolizione e ricostruzione di intere periferie. Un piccolo esempio: a Plessis Robinson, nell’Île-de-France, il sindaco ha fatto demolire 2.500 appartamenti e ha creato un nuovo ecoquartiere, con il 50% di edilizia popolare. Ma, solo negli ultimi dieci anni, centinaia di città in Europa e negli Usa hanno cambiato volto. Perché Bologna no?».
 

Dove si trovano i soldi?
 "Ovunque, nel mondo, si fanno operazioni economicamente sostenibili. Gli americani parlano di ‘sistema in cui tutti vincono’: Comuni, imprenditori e cittadini. Impariamo da chi fa le cose bene e cambiamo passo. Prima che sia troppo tardi».