Bologna, 19 novembre 2011 - ADESSO il miracolo che la scienza aspetta da anni è in vendita su Internet e costa 2mila dollari, circa 1.480 euro, a kilowatt. Si chiama Ecat ed è la macchina che realizza la fusione fredda. Tradotto: energia pulita ad altissimo potenziale. C’è il modello maxi, che produce un megawatt e ha un valore milionario. C’è anche la versione da casa, e sarà disponibile solo nel 2013: dai 10 ai 20mila dollari e via, il sogno è assicurato. Ma è davvero un sogno? L’E-Cat, che ha proiettato Bologna al centro del dibattito scientifico internazionale, è visto con sospetto da buona parte degli esperti di fisica mondiali. [Motivo principale: la macchina è coperta da segreto industriale, dunque non si può sapere cosa accade al suo interno.

IL PROFESSORE dell’Alma Mater Sergio Focardi, che ha lavorato su E-Cat insieme con l’inventore Andrea Rossi, si aspettava una reazione simile. D’altronde un annuncio analogo era già stato dato nel 1989 dagli scienziati Fleischmann e Pons, e non andò bene. Per tutti la fusione fredda è una chimera: ma questa scoperta, se provata, vale il Nobel. «È ormai certificato che la macchina funzioni, i nostri dati lo provano», spiega Rossi. Che poi aggiunge come i costi per il carburante che alimenta il reattore (nichel) siano «risibili». L’annuncio è stato dato attraverso il sito Ecat.com, dove si può vedere anche un documentario sulla fusione fredda, da Martin Fleischmann e Stanley Pons, fino a Giuliano Preparata, docente di Fisica Nucleare all’Università di Milano, che elaborò la sua ‘teoria coerente sulla fusione fredda’. «Nei nostri esperimenti abbiamo ottenuto rame — dice ora Focardi — e riteniamo che la sua comparsa sia dovuta alla fusione dei nuclei atomici di nichel e idrogeno, proprio gli ‘ingredienti’ che alimentano il nostro reattore». Ovvero: la fusione fredda.

IN UN CAPANNONE alle Roveri, periferia della città, si sono tenute alcune dimostrazioni in aprile e in ottobre. Tutti i test pubblici per mostrare il funzionamento del reattore tuttavia non hanno mai dissipato del tutto i dubbi intorno al suo funzionamento: l’Università di Bologna ha partecipato ad alcune di queste sedute, senza prendere però una posizione ufficiale. L’unica soluzione, suggeriscono esperti e siti specializzati, sarebbe che un laboratorio universitario indipendente analizzasse e testasse l’E-Cat, per capire esattamente che tipo di combustile viene utilizzato e come il catalizzatore interno all’apparecchio favorisce la produzione di energia. Il brevetto (la tutela della proprietà industriale, quindi) impedisce di andare a fondo con l’E-Cat. Un mese fa scienziati francesi, tedeschi e anche membri dell’Accademia di Svezia hanno visionato l’apparecchio: «E-Cat ha prodotto energia in autonomia», hanno detto i suoi inventori. Ma ancora conferme scientifiche sono mancate. Ergo? «Il prodotto è sul mercato e il test migliore lo faranno i clienti: se non funziona, lo restituiranno», dice Rossi.