Bologna, 28 dicembre 2011 - ORMAI a bufera è diventata un uragano. Al Pratello, inteso come carcere minorile e come Tribunale dei minori, è ormai emergenza. Prima la decapitazione dei vertici del carcere per presunti abusi fra detenuti tollerati e mai segnalati alla Procura, ora una sentenza della Cassazione che annulla il trasferimento di un giudice (deciso per motivi disciplinari dal Csm) e che renderà ancora più aspra la guerra in corso all’interno del Tribunale. Se il carcere piange, insomma, l’adiacente Tribunale non ride.

Circa un anno e mezzo fa è iniziato lo scontro fra due giudici minorili e gli altri magistrati dell’Ufficio, con il presidente Maurizio Millo in testa. Uno scontro dovuto a diversità di vedute nella gestione dei delicatissimi casi che vedono coinvolti i bambini di famiglie difficili.


DA UNA PARTE, i giudici Francesco Morcavallo e Guido Stanzani, fautori di una linea per così dire ‘morbida’ e non appiattita sui servizi sociali, dall’altra tutti gli altri. La situazione è via via peggiorata fino alla deflagrazione finale, avvenuta con il caso del piccolo Devid, il neonato morto di freddo in Piazza Maggiore per il quale il primo giudice titolare del fascicolo, Morcavallo appunto, è entrato in collisione frontale con Millo. Morcavallo non voleva togliere la patria potestà ai genitori, visto che gli altri figli della coppia erano già collocati in una struttura protetta. Millo invece voleva il pugno duro e, in alcune fasi, gestì in prima persona il fascicolo al posto di Morcavallo.
Polemiche roventi, segnalazioni incrociate incrociate al Csm, esposti, un clima invivibile.

 Alla fine l’ha spuntata Millo: Morcavallo e Stanzani sono stati trasferiti a Modena. Il primo, un magistrato molto giovane, con un provvedimento cautelare del Csm, evento più unico che raro. Il secondo, molto esperto, con un trasferimento volontario. La partita sembrava chiusa, ma ecco la sorpresa: ieri la Cassazione a sezioni unite, cui Morcavallo aveva fatto ricorso, ha sconfessato il Csm (attivato da Millo) e annullato il trasferimento. In teoria, dunque, Morcavallo dovrebbe tornare al Pratello e la sua pratica al Csm.


LA SUPREMA corte non ha ritenuto adeguata la motivazione del trasferimento e, anzi, ha bacchettato il Csm per aver ignorato le argomentazioni di Morcavallo. Il quale aveva denunciato gravi abusi quali «affidamenti di bambini scarsamente motivati, provvedimenti provvisori prorogati all’infinito, un completo appiattimento del Tribunale sulle relazioni dei servizi sociali». Per la Cassazione, il Csm doveva chiedersi se quelle accuse non fossero «legittime e anzi doverose contestazioni di quelle condizioni di sostanziale illegalità». Nella stessa luce, il Csm avrebbe dovuto valutare «l’icastica espressione» di Morcavallo, che aveva definito «un Tribunale da Corea del Nord» quello guidato da Millo. Laconico il commento di Morcavallo, apprezzato dagli avvocati familiaristi da cui è definito ‘il giudice dei bambini’: «Mi lusinga che il mio costante impegno per i diritti dei deboli abbia ricevuto una menzione da parte delle Sezioni Unite della Cassazione. Questo rende merito soprattutto al presidente Guido Stanzani, uomo e collega esemplare, di cui ho condiviso gli sforzi per la tutela dei diritti della persona».