Bologna, 22 gennaio 2012 - TRE INGREDIENTI+1: pubblico giovane, arte contemporanea, nuove tecnologie e la visionarietà di un fotografo come Nino Migliori alla continua esplorazione di un linguaggio a stretto contatto con le emozioni. Ecco la formula tra didattica e comunicazione alla base di Hyper Museum Project, il museo virtuale dai contenuti “partecipati” e che permette visite tramite connessione internet, pensato un paio di anni fa e proposto alla Gam di Torino.

 

Si tratta di un’esperienza di reale interazione con l’arte, condivisa in modo virtuale attraverso l’uso di mezzi tecnologicamente avanzati e diretta alla fascia di fruitori più giovani (studenti delle scuole secondarie e dell’università), che recentemente ha fatto breccia anche nel cuore del dipartimento didattico del nostro MAMbo e che, in occasione di Arte Fiera, la prossima settimana, passerà alla sua prima fase di attuazione.

 

MA COME FUNZIONA esattamente l’Hyper Museum Project (dove Hyper sta per “al di sopra” di un museo tradizionale) che Nino Migliori ha ideato dopo tanti anni di workshop fatti coi giovani e incentrati sulla comunicazione dell’immagine e dello specifico fotografico? Innanzitutto non ci saranno pareti né angoli nel museo. Questo perché sarà contenuto in un blog. Inoltre non saranno esposte opere d’arte tradizionali, perché tutto quello che si vedrà sarà stato immortalato con agili cellulari (forniti da Vodafone) da ragazzi tra i 15 e i 25 anni che si sono prenotati per partecipare allo start up del progetto e che spediranno il loro sguardo sull’opera tramite sms e mms al sito Contemporaryart.com, dove il materiale verrà selezionato e messo in rete.

 

LA PRIMA RACCOLTA immagini delle opere, fotografate a grandezza naturale o attraverso un particolare, avverrà venerdì tra la Gam e il MamBO e poi il 28 mattina negli spazi della fiera. Già da sabato sera si vedranno le immagini coi commenti nel blog del sito creato appositamente e domenica 29 alle 14.30 il progetto verrà presentato alla presenza del fotografo bolognese che ha avuto questa intuizione. «Chi usa la macchina fotografica – racconta Migliori – non è legato al mezzo, ma alle capacità espressive, ai bisogni e alle voglie... e quindi più il mezzo è innovativo e meglio è. La fotografia non è mai verità ma rappresentazione di chi usa la macchina e quindi la verità è quella del fotografo ed è sempre soggettiva. In questo senso quello che vedremo nell’Hyper Museum sarà molto interessante e forse ci riporterà a una bella poetica che potrebbe riuscire a moralizzare uno dei più brutti momenti dell’arte, rivolta com’è all’estetizzazione e al gigantismo. La preziosità e la contemplazione fuori dai condizionamenti della critica e del mercato sono cose che i bambini, con la loro comunicazione al di là delle parole, ci potranno restituire».

 

I passi futuri dell’Hyper Museum andranno in direzione di tanti altri musei con sezioni didattiche interessate all’esperimento, che fra qualche tempo, siamo certi, diverrà un concetto ordinario.