Bologna, 8 marzo 2012 - LA SENSAZIONE che più le è rimasta addosso è l’immensa gratitudine che Lucio le esprimeva in ogni circostanza e che una volta solennizzò prendendole le mani e baciandogliele in pubblico, all’osteria da Vito. Perché a presentargli Marco Alemanno è stata proprio lei, Alessandra Nicita, che all’epoca del fatale incontro era però la fidanzata dell’ultimo compagno di Dalla.

Entrambi liceali al classico di Nardò, si erano messi insieme come fanno tanti coetanei di ogni epoca e di ogni latitudine. «Io sono del ’79 — ricompone i tasselli del mosaico — lui dell’80, quindi non stavamo nella stessa classe ma lui venne a cercarmi perché io suonavo chitarra e piano e a lui l’ambizione di fare l’artista è scoppiata dentro molto precocemente». Dalle affinità elettive all’amore il passo fu breve e nel dicembre ’98, per il ponte dell’Immacolata, insieme programmarono anche un viaggio al Nord, meta Firenze. «Dovevamo andare alla festa di laurea di una mia cugina — ricorda Alessandra — ma io all’ultimo momento dirottai per Bologna, alla ricerca dei luoghi dove mio padre, dentista, aveva studiato e si era laureato».
 

IL DESTINO li stava attendendo in via Farini. «Scendemmo dall’autobus e Marco esclamò: ‘Guarda, c’è Lucio’. Sapemmo dopo che era appena uscito dalla casa di Stefano Cantaroni. Marco, timidissimo, non si azzardò a fare neanche un passo. Fui io ad avvicinarmi e lui si dimostrò subito cordiale e la prima cosa che ci disse era che sembravamo gemelli siamesi. E subito battezzò Marco, Freccia, mentre a me si rivolgeva con il nome di Gabriella perché diceva che avevo la faccia da Gabriella. Noi avevamo prenotato una stanza all’albergo Garisenda e lui ci invitò per il giorno dopo a casa sua alle 18.30. Noi arrivammo puntuali in via D’Azeglio, suonammo ma nessuno venne ad aprire. Delusi del bidone, facemmo per andarcene quando lo vedemmo arrivare con due sacchetti di frutta e verdura appena comprati in via Clavature. Ci voleva ospitare ma io rifiutai, però accettammo un invito a cena da Vito. Furono giorni stupendi trascorsi davanti al caminetto che lui avvolgeva anche di incensi bruciati. Poi ci disse che doveva andare il giorno appresso da De Gregori a Firenze e quando gli telefonò gli disse: ‘Qui c’è una fan più tua che mia’. Così lo accompagnammo in quest’albergo sull’Arno e mangiammo da Mamma Rita. Fu in quei giorni che capii che la mia vita doveva essere da artista».
 

NONOSTANTE la laurea in psicologia, Alessandra, che abita ancora a Bologna, ha infatti scritto un paio di libri di poesie, ‘Arrivò l’amore e non fu colpa mia’ e ‘Sono stata molto delusa dai mirtilli’. «Ma scrivo anche canzoni e infatti il prossimo libro sarà accompagnato da un cd con due pezzi incisi e una parte recitata». La svolta, quella che lei chiama rivoluzione, avvenne davanti al Steinway antico su cui Lucio le fece suonare ‘Imagine’ mentre Marco cantava. E anche per lui quella canzone mutò un destino. «Voleva fare Medicina e invece si iscrisse al Dams. Del resto anche al liceo aveva messo in scena un testo teatrale. Aveva un’inclinazione netta. Infatti Lucio diceva sempre che l’aveva nasato subito».


IL VIAGGIO di ritorno fu una continua e romantica farneticazione su ciò che avrebbero potuto scrivere insieme per Lucio. In realtà la loro storia, durata 8-9 mesi, di lì a poco si esaurirà. «Ma l’amicizia è sempre rimasta, anche se mi ero accorta subito che ciò che sarebbe continuato non era il rapporto con me ma quello con Lucio». Anche quando Alessandra seppe che si erano un po’ persi di vista. «E ancora una volta fui io la pedina che ha riportato Marco a Lucio».

Successe a Urbino poco dopo la morte del rettore Carlo Bo. «Andai qualche volta a Rancitella dove Lucio aveva la Residenza del Duca. Mi fece venire a prendere da Stefano Ligi e passammo una serata senza Marco. Qualche giorno dopo lo rividi insieme al professor Bogliolo e fu lui a chiedermi di Marco. Lo rassicurai che l’avrei fatto richiamare e seduta stante feci il numero di Marco: ‘Non fare lo s...zo’, lo aggredii». Marco tornò. Il resto è storia nota.

di LORELLA BOLELLI