Bologna, 14 dicembre 2012 - Per lei è arrivata una prima condanna a due anni, in rito abbreviato, ma rischia guai seri anche la ginecologa dell’ospedale Maggiore che la visitò e le certificò una gravidanza a rischio risultata poi inesistente. Si è chiuso ieri a Bologna il primo spezzone di processo per l’incredibile vicenda dell’operatrice sanitaria dipendente del Policlinico S.Orsola che in nove anni, dal 2002 al 2011, ha lavorato soltanto sei giorni.
Il resto del tempo l’ha passato a casa, pur continuando a percepire lo stipendio, perchè si trovava in malattia (una dermatite da contatto che sosteneva di aver contratto in servizio tanti anni addietro) oppure per quelle che al Policlinico erano state presentate come due gravidanze a rischio ma che nella realtà non c’erano mai state, o perlomeno non erano mai arrivate a termine. Come hanno scoperto le indagini del Nas, infatti, che alla fine del novembre 2011 arrestarono la donna, 45enne bolognese, i bambini che lei dichiarò di aver partorito in Spagna nel febbraio 2004 e poi nell’ottobre 2008 (e che venivano dopo una figlia vera avuta nel 2001), non sono in realtà mai venuti al mondo.
Ieri, per la donna, si è concluso in rito abbreviato il processo per la parte delle accuse relative alle due finte gravidanze: il gup Mirko Margiocco l’ha condannata a due anni per truffa e falso, stabilendo una provvisionale di 25.000 euro che la donna deve restituire al S.Orsola. L’altra parte della vicenda, però, è stata stralciata e deve ancora chiudersi: per il capitolo malattie, la Procura ha inviato alla donna un avviso di fine indagine per truffa e falso. Ma si prospettano guai anche per la ginecologa del Maggiore che nel marzo 2008 visitò la donna e giudicò a rischio la sua seconda gravidanza: il fine indagine è arrivato anche a lei, per falso, e quindi rischia il processo.
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