Bologna, 13 marzo 2013 - Signora Nardelli, quando e come ha scoperto di essere malata?
"Nel 2000, facendo gli esami all’Ematologia del Sant’Orsola. Il verdetto è stato mieloma multiplo, un tumore che nel mio caso è partito dalla scapola. Ho fatto subito la chemioterapia e in seguito l’autotrapianto di midollo osseo. E nel 2004 è arrivata la seconda batosta: la Pet (uno speciale esame di medicina nucleare; ndr) ha evidenziato un tumore al polmone, per cui sono stata subito operata sempre al Policlinico".
 

Come è arrivata alla cura Di Bella?
"Nel 2006 la situazione non migliorava. Ero affaticata, avevo la labirintite, provavo dolori, non riuscivo a lavorare. Ho rifatto la Pet ed è emerso che le lesioni alle ossa si erano estese. La malattia era ripartita. Così ho chiesto un consulto a uno specialista, pagando la visita privata. Mi disse: ‘Studio la cartella clinica e la richiamo fra tre giorni’. Dopo otto anni sto ancora aspettando... Nel frattempo, un otorino cui mi ero rivolta per un piccolo incidente mi ha parlato del metodo Di Bella. E così sono andata in studio da Giuseppe Di Bella, in via Marconi".

E cosa è accaduto?
«Ha studiato il mio caso e predisposto la cura, così mi sono detta: ‘Proviamo’».

La situazione è migliorata?
«Dopo 3-4 mesi ho rifatto la Pet e le lesioni erano sparite. Da allora la malattia è prima regredita, poi si è fermata. Io oggi sto bene, ho ripreso a lavorare nel mio locale, che purtroppo è a Ferrara ed è stato danneggiato dal terremoto. Comunque l’ultima Pet, un mese fa, ha dato esito positivo».

Arriviamo così alla questione giudiziaria?
«Sì, certo. Fino a metà 2007 mi sono pagata io le cure, con l’aiuto di mia sorella. Poi ho fatto causa all’Ausl per farmele passare gratis e siamo finiti in Tribunale. Il primo giudice, sezione Lavoro, ci ha dato ragione nel 2008 in sede d’urgenza, stabilendo che mi spettavano le cure. Poi lo stesso giudice, nel 2009, ci ha dato nuovamente ragione nel processo di primo grado, stabilendo che l’Ausl doveva rimborsarmi quanto pagato di tasca mia, circa 30mia euro. E così fino ad oggi mi sono state pagate la terapia».

Poi è arrivato l’appello...
«Sì, la mazzata. A febbraio i giudici hanno ribaltato la sentenza, dando ragione all’Ausl. Le cure non mi saranno più pagate e dovrò pure rimborsare 113mila euro. Per me questa è una condanna a morte. Senza la cura Di Bella la malattia ritornerà e io sarò spacciata. Un giudice mi aveva dato ragione, ora un altro mi dà torto. In gioco c’è la mia vita, voglio essere libera di curarmi. Io ora sto bene e loro vogliono togliermi la cura. Non ho i soldi per pagarla di tasca mia. Questo è un omicidio».

Gilberto Dondi