Bologna, 23 maggio 2013 - Viene voglia di dire: non andate a votare. Perché il referendum è una strumentalizzazione politica, perché i promotori della consultazione che fanno capo a Sel se ne fregano delle esigenze delle famiglie bolognesi e tirano la corda per mettere alla prova le larghe intese, perché la certa sinistra si accanisce per motivi puramente ideologici contro tutto ciò che non è statale. E invece è necessario andare a votare, anche se ci rendiamo conto che si tratta di una scocciatura.

Va bene che il sindaco Merola ha dichiarato che nulla cambierà anche se vince la A. Noi però in questo caso preferiamo il lato B della vita. Stavolta la società civile può rispondere con buonsenso a chi ha solo un approccio ideologico e dimostra di non aver capito nulla di questa storia. Due numeri, giusto per spiegare. Le scuole comunali accolgono 5137 bambini e di questi 1736 frerquentano le scuole paritarie convenzionate. Se togliessimo il milione di euro che ora entra nelle casse di queste ultime e lo dirottassimo sul pubblico, copriremmo le esigenze di 176 bambini. Sì, solo 176.

Capiamo la rigidità di Sel, ma delude la caparbietà del professor Stefano Rodotà, presidente del comitato pro referendum. Senza le paritarie migliaia di bambini non avrebbero il posto, mentre con le paritarie ce l’hanno e le famiglie non spendono un euro in più rispetto alla scuola pubblica. Punto. C’è poco altro da dire. E sbaglia pure chi cerca di far credere che dietro l’apparato delle convenzioni ci siano le grandi manovre delle scuole cattoliche. A parte che gli asili sono stati sostanzialmente inventati dalle parrocchie e dalle suore, ormai oggi in Emilia come in altre regioni gli istituti paritari (e privati tout court) sono in buona parte di estrazione laica e spesso con servizi più snelli e meno costosi rispetto al pubblico.

Il professor Rodotà alza il livello del ragionamento sulla presunta violazione dell’art. 33 della Costituzione che secondo lui esclude la possibilità di girare risorse pubbliche alle scuole paritarie. La Costituzione in verità riconosce l’istruzione come diritto e pilastro fondamentale senza preoccuparsi di chi fornisce il prodotto. L’importante è che sia buono e accessibile a tutti. Così la pensano le famiglie che hanno solo la necessità di garantire appunto le prime briciole di istruzione ai figli i quali, fra l’altro, da qualche parte devono pur stazionare quando entrambi i genitori vanno in fabbrica o in ufficio a lavorare.

Qualcuno non se ne è accorto, ma il mondo è cambiato. La sfera pubblica per garantire un welfare sufficiente si accorda col privato nella sanità come nella scuola. I benefici sono evidenti. E se vogliamo metterla in politica diciamo pure che domenica la sinistra illuminata può regolare i conti con il caotico gruppone che ha piantato questa grana del referendum e di cui fanno parte Fiom, grillini, Rifondazione e quel che resta dell’Idv. Ai cittadini però di quest’ultimo aspetto non frega nulla.

 

Beppe Boni