Bologna, 13 gennaio 2014 - Dopo Luigi Valeriani è giusto occuparsi di Giovanni Aldini, lo scienziato che tutti i bolognesi ricordano in coppia con Valeriani per denominare l’Istituto Tecnico che fu fondato in virtù della loro generosità.

Giovanni Aldini nacque a Bologna nel 1762 ed era nipote di Luigi Galvani. Come lo zio, anch’egli studiò fisica e divenne docente all’Università di Bologna nel 1798. Il suo interesse prevalente si concentrò sull’elettricità e sulla sua applicazione in medicina e per l’illuminazione.

Il suo sogno era quello di ridare vita ad un cadavere attraverso le scariche elettriche trasmesse dalla pila. Poiché in Europa si era diffusa la ghigliottina per giustiziare i condannati, nel 1803 Aldini si trasferì in Inghilterra dove ancora si usava l’impiccagione. Giunto a Londra seppe che tale George Forrest, accusato di omicidio plurimo, attendeva il verdetto; pare che Aldini abbia corrotto i giudici per condannarlo e impiccarlo.

Ottenne, così, il cadavere e, davanti al pubblico, azionò una grande pila ottenendo l’effetto di far tornare il respiro e il movimento al cadavere fra lo spavento degli astanti. Il suo assistente morì d’infarto. Gli esperimenti proseguirono, sempre davanti al pubblico come fossero spettacoli teatrali, sia su uomini, sia su animali riscuotendo il plauso degli scienziati. Furono questi esperimenti di Aldini a ispirare Mary Schelley per il suo famoso romanzo Frankestein. Ottimo conoscitore di lingue straniere, ha lasciato numerose opere scientifiche anche in lingua inglese e francese.

Giovanni Aldini morì a Milano nel 1834. Lasciò una forte somma di denaro per completare il progetto di scuola deciso assieme a Valeriani. A differenza di Luigi Valeriani, il Comune di Bologna non gli ha dedicato una via della città a causa della omonimia con Antonio Aldini, famoso avvocato che difese Luigi Zamboni e Giovanbattista De Rolandis e divenne ministro di Napoleone.

Marco Poli
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