Bologna, 21 maggio 2014 - Omicidio per omissione: è questa l'ipotesi di reato su cui la Procura di Bologna ha riaperto l’inchiesta archiviata sui comportamenti omissivi di funzionari di Stato nella revoca della scorta al giuslavorista Marco Biagi, ucciso dalle Br il 19 marzo 2002. L’inchiesta, contro ignoti, è derivata anche da documenti sequestrati nell’inchiesta sul conto dell’ex ministro Scajola.

I titolari del fascicolo, il procuratore Roberto Alfonso e il sostituto Antonello Gustapane, devono individuare prima di eventuali iscrizioni al registro degli indagati chi avesse l'obbligo giuridico di impedire l'evento, cioe' l'uccisione del giuslavorista. Ci sarebbero degli appunti, vidimati dall'ex ministro dell'Interno, a confermarlo.

Questo dettaglio, emerso tra le carte sequestrate dalla Guardia di Finanza, avrebbe convinto il sostituto procuratore di Bologna, Antonello Gustapane, a riaprire il fascicolo - questa volta solo conoscitivo - con l'ipotesi di "omicidio per omissione", una ipotesi di reato più grave dell'omissione semplice, che sarebbe prescritta dopo 7 anni e mezzo (nel 2009), e dunque perseguibile. E' prevista dal 2/o comma dell'art. 40 codice penale: "Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo".

La procura bolognese non conferma né smentisce la riapertura dell'indagine, mentre la difesa di Marina Orlandi, vedova Biagi, conferma che al momento non è stata interpellata: "Orlandi è disponibile nel caso venisse chiamata - ha detto l'avvocato Guido Magnisi - ma non posso commentare per mancanza di elementi".

Tra le carte in mano alla Procura di Bologna ci sarebbe anche una lettera di un politico vicino al giuslavorista che fu spedita a Scajola, allora ministro dell'Interno, in cui si spiegava la serietà del pericolo per Biagi, pochi giorni dopo ucciso dalle nuove Brigate Rosse. Sulla lettera ci sarebbe il 'visto' dell'ex ministro Scajola, che sostenne invece di non essere al corrente dei gravi rischi per il professore. Scajola fu costretto alle dimissioni dopo un'esternazione fatta a tre mesi dall'omicidio del giuslavorista: ''Biagi era un 'rompicoglioni' che voleva il rinnovo del contratto di consulenza''.

 

Le indagini sulla revoca della scorta sono state riaperte dal pm Antonello Gustapane, lo stesso magistrato che nel 2003 aveva chiesto l'archiviazione dall'accusa di cooperazione colposa in omicidio per gli accusati: l'allora direttore dell'Ucigos, Carlo De Stefano, il suo vice Stefano Berrettoni, il questore Romano Argenio e il prefetto Sergio Iovino. Le Br - fu la conclusione del gip che archivio' l'inchiesta, Gabriella Castore - scelsero di colpire il professor Biagi anche perché gli fu tolta la protezione, per una serie di errori sia a livello centrale che periferico, che però non avevano rilievo penale.


Per questa nuova indagine la Procura avrebbe sentito in merito ai documenti in mano agli inquirenti lo stesso Zocchi e anche la moglie dell'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, all'epoca vicino a Biagi. Nei giorni scorsi è stato sentito un altro testimone, nel massimo riserbo.

 

L'ARCHIVIO DI SCAJOLA

L’ex ministro è indagato dalla procura di Roma per sottrazione di atti. Le verifiche degli inquirenti riguardano una serie di documenti che sono stati trovati nell’abitazione di Imperia nel corso di una perquisizione di quasi un anno fa dalla polizia postale nell’ambito di un’altra vicenda. Gli accertamenti, avviati da diversi mesi, sono coordinati dal pm Sergio Colaiocco ed hanno preso spunto da quell’iniziale controllo.
 

L’ultimo “archivio” di quasi 300 faldoni che sono stati trovati dagli investigatori nell’ambito dell’inchiesta calabrese che ha fatto finire in carcere Scajola sono “elementi” che si ritengono d’interesse anche se per capire qualcosa - si sottolinea a piazzale Clodio - bisognerà attendere il risultato dei diversi “controlli” che sono stati avviati. Uno dei quali è passato anche dall’ascolto di Scajola nelle scorse settimane.


L’ex parlamentare Pdl avrebbe riferito che quelle carte gli sarebbero state preparate dal suo gabinetto di ministro dell’interno all’epoca in cui lasciò il dicastero. In ogni caso documenti di scarso interesse, secondo questa versione. Comunque i pubblici ministeri vogliono passare al setaccio tutti i fogli. Per ogni documento si vuole comprendere all’inizio ad esempio se è in originale o copia autentica. E se sono frutto di un furto o da tenere segrete e che classificazione abbiano.
 

Nell’archivio finora esaminato ci sono atti relativi alla morte di Marco Biagi, informative sul G8 del luglio 2001 a Genova.