Bologna, 28 maggio 2014 - È un chiaro cortocircuito istituzionale nel silenzio intorno al caso di Ilaria Giorgetti. La presidente del Quartiere Santo Stefano — unica ‘mini sindaco’ non di centrosinistra a Bologna — non solo non ha ricevuto alcun tipo di cenno dal sindaco Virginio Merola, cui aveva lanciato un grido di aiuto via sms; ma anche la Prefettura, che sul tema aveva assicurato di fissare un incontro dopo una chiamata del ministro Angelino Alfano, non l’ha contattata. Questo racconta Giorgetti che, è il minimo della decenza nei rapporti istituzionali, non può essere lasciata sola.

Il silenzio è un reato e questo reato non può essere coperto da alcun tipo di indulto. Anche perché la vicenda è più limpida dell’acqua caraibica: c’è uno spazio pubblico il Cassero di Santo Stefano occupato abusivamente da un collettivo; c’è un bando che dal 2012 assegna ad altre tre associazioni (una si è poi ritirata) quello spazio; e c’è la richiesta di sgombero dell’immobile che il Comune non esegue. Ah, ci sono anche minacce e parole pesanti scagliate contro Giorgetti: un clima elettrico e di tensione sociale che non può e non deve essere sottovalutato.

E’ normale a Bologna (città universitaria e di ‘movimento’) dover avere a che fare con collettivi e occupazioni; non è normale invece dover gestire situazioni di illegalità decennali (come l’Aula C) che in alcuni casi hanno avuto comprovati legami con la criminalità. Il silenzio è reato: e una risposta, anche tardiva, del Comune non servirebbe a molto.

Valerio Baroncini