Bologna, 30 giugno 2014 - Passano sulla strada 7-8 ore, di giorno e di notte, costrette da debiti irriscattabili, e non sono abituate a qualcuno che le avvicina per chiedere come stanno, che si interessa di loro, come persone. Sono le centinaia di ragazze vittime dello sfruttamento sessuale, che i volontari dell’associazione l’Albero di Cirene, tre sere a settimana, vanno a cercare per tendergli la mano, portare conforto e aiutarle nel difficile cammino verso la libertà.

È l’Unità di strada, volontari tra i 18 i 30 anni, in maggioranza donne, che vanno nei luoghi della violenza, dove non le aspettano. E la rinascita, dopo gli abusi, comincia a Casa Magdala: una casa di seconda accoglienza in grado di ospitare sei ragazze all’anno, di cui due nuove. Perché ci vogliono anni, per ricominciare da capo. Alle spalle, i 25 volontari dell’associazione Albero di Cirene, nella parrocchia di Sant’Antonio di Savena guidata da don Mario Zacchini, che, sulle orme dalla Comunità ‘Papa Giovanni XXIII’ di don Oreste Benzi, aiutano centinaia di giovanissime a uscire dalla schiavitù. E proprio questo progetto, chiamato ‘Non sei sola’, è stato selezionato dai curatori della campagna ‘Chiedilo a loro’ dell’ 8xmille alla Chiesa cattolica che, dopo aver visitato tantissime realtà lungo tutta la penisola, si sono fermati a Bologna e hanno deciso di parlare anche di loro in uno dei nove spot che in questo periodo vanno in onda sulle tv nazionali.

«Durante il giorno vengono aiutate nel cercare lavoro, imparano l’italiano, vengono valorizzate le loro capacità e indirizzate verso strutture del territorio in caso di tossicodipendenza o disagi psicologici — spiega Marco Bruno, un volontario —. Poi, la sera cenano e stanno insieme. Come in una famiglia. Anche se ora, con la crisi, alcune sono tornate in strada. E chi è in strada perde la fiducia di riuscire a cambiare la propria condizione. Noi vogliamo essere un segno forte di attenzione verso ragazze che non l’hanno scelto. Andiamo sulla strada per entrare in contatto con loro, per cercare di dare una risposta ai loro bisogni e aiutare quelle che vogliono ricostruirsi una vita. Gli chiediamo semplicemente ‘Come stai?’. E per loro è sconvolgente. Mi colpisce, ogni volta, il loro annullamento come persone. Ma anche quanto la realtà sia lontana dall’immaginario collettivo. E gli uomini, per il fatto di aver pagato, pensano di essersi messi a posto la coscienza».

Silvia Santachiara