A novembre in tre a processo per stalking La madre: "Non vogliamo vendetta ma giustizia"

"Mia figlia è stata massacrata a livello fisico e psicologico, non ha mai voluto denunciare, sono stata io a farlo. Non cerchiamo vendetta, ma giustizia. Una ragazzina di 13 anni non può subire certe angherie senza nessun pentimento dalla parte opposta". Quella volta mentre Paola (nome di fantasia, ndr) aveva già un piede giù dalla finestra, fu lei ad afferrarla e a salvarle la vita. Come quando la giovane figlia, in un pianto a dirotto, prima della buonanotte le chiese di aiutarla. "Mi disse – racconta la madre –, mamma ti prego, non ce la faccio più". L’inferno sulla pelle di una tredicenne. Partì la denuncia, la Procura minorile individuò tutte le bulle: sette. Emersero chat, testimoni, foto e messaggi vergognosi. E mentre l’indagine andò avanti, lei passava i suoi giorni sigillata in casa, nascosta per non subire più, visitata da un medico dopo l’altro fino al ricovero. "Ho sentito con le mie orecchie quelle ragazzine offenderla per strada, mi veniva la pelle d’oca". Non solo. "Da madri, con le quali si usciva insieme, mi sono sentita dire che la colpa era mia perché non sapevo crescerla. Nessuno, a parte una, ha chiesto scusa e si è pentita del male che ci ha creato".

Il 16 novembre tre delle sette ragazzine indagate inizialmente finiranno a processo, in abbreviato, per stalking (quattro non sono imputabili vista la giovane età). La vittima sarà parte civile con l’avvocato Donata Malmusi. "Vogliamo andare fino in fondo – così il legale – per ridarle giustizia e farla tornare a una vita normale".

n.b.

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