Addio a Gianni Cavina, talento inquieto

L’attore, malato da tempo, è scomparso a 81 anni. Dal lungo sodalizio con gli Avati alle fiction tv, i suoi ruoli di carne e sangue

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di Martina Spaggiari

Era gentile e burbero, simpatico e aggressivo, con un umorismo corrosivo e un talento sconfinato. Gianni Cavina, figlio ostinato di una Bologna che criticava e giudicava un po’ ingrata nei suoi confonti, è morto ieri a 81 anni ( la famiglia sempre gelosamente protetta dai riflettori) lasciandosi alle spalle una carriera infinita tra teatro, cinema e televisione. Impossibile catalogarlo, nella professione come nella vita: mai scontato, fonte infinita di risate, aneddoti e riferimenti colti, spigoloso e complesso, ha esplorato tutte le corde dell’arte della recitazione lasciando un segno in ogni personaggio che ha interpretato, che fosse protagonista o piccolo cameo. Affamato di vita e di sfide.

Se come attore teatrale si forma alla scuola di Franco Parenti, al Teatro Stabile di Bologna, e fa cabaret con Lucio Dalla e Nino Mangano, è l’incontro con Pupi e Antonio Avati a segnare il sodalizio fondamentale della sua carriera, il più lungo, quello che, dall’esordio con ’Balsamus’ del 1968 si concluderà solo l’anno scorso con la parte del notaio Pietro Giardino in ’Dante’, che arriverà sugli schermi a settembre. Una vita a sei mani, in qualche modo, con i fratelli Avati, visto che Cavina firma anche le sceneggiature di ’La mazurka del barone’, ’La casa dalle finestre che ridono’, ’Bordella’ e ’Tutti defunti tranne i morti’. Film cult e paurosissimo, la ’Casa’, in cui Cavina presta anche la voce nell’inquietante litania dei ’miei colori’. Moltissimi i ruoli che rende veri: dal tenero Marione de ’Le strelle nel fosso’ a quelli di ’Regalo di Natale’ e ’Festival’ (per cui vinse il Nastro d’Argento), e poi ancora ’La via degli angeli’ fino all’inquietante sagrestano nel ’Signor Diavolo’. Una sintonia, quella con Pupi Avati, fatta di terra e nebbia, della stessa memoria di streghe, osterie e jazz che li ha portati a camminare insieme dando vita ad alcuni dei migliori film della storia del cinema d’autore.

Ma Cavina ha fatto molto molto altro: impossibile non ricordare il suo ’Ispettore Sarti Antonio’ in cui è stato capace di dar vita e successo al personaggio di Macchiavelli con una simbiosi che ricorda un po’ quella di Gino Cervi e Maigret: una faccia sola. Nell’enciclopedia che è stata la sua carriera, sono i tanti registi con cui ha lavorato da Comencini a Bellocchio, da Sergio Staino a Riccardo Milani con cui ha girato la serie tv ’Una grande famiglia’ dal 2012 al 2015. E perché dimenticare il celebre spot di una marca di surgelati in cui interpretava Giove, che "cucina da dio"? Gianni Cavina, da vero attore, non faceva distinzioni tra commedia e dramma, ma in tutto metteva il suo talento. Amava il Bologna che però dopo le varie retrocessioni non seguiva più, deluso e arrabbiato. Come era arrabbiato con la sua città, che aveva lasciato per Roma per poi ritornare, ostinato, in quella Bolognina dove affondava le radici di famiglia.

Quella terra di nebbia e osterie che non ci sono più.

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