Addio a Ivo Galletti, una vita per Bologna

È morto a 100 anni l’imprenditore che fondò l’Alcisa e che, dal 1973, era proprietario del Diana. Domani i funerali a Piumazzo.

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È morto all’età di cento anni compiuti a marzo il cavalier Ivo Galletti, fondatore dell’Alcisa, colosso degli insaccati e leader della mortadella di Bologna, imprenditore dell’agroalimentare e proprietario del Diana. Galletti è spirato dopo una malattia. I funerali avranno luogo domani alle 10,30 presso la chiesa di Piumazzo di Castelfranco Emilia (Modena), paese di cui Galletti era originario e al quale è rimasto sempre molto legato.

di Beppe Boni

A volte le coincidenze non arrivano per caso, si aggirano nella ruota della vita e si fermano dove vogliono loro. Come la pallina di una roulette che quando pare a lei si siede su un numero. La settimana scorsa Eros Palmirani, socio e storico direttore del Ristorante Diana di via Indipendenza, dopo 60 anni di bolliti, tortellini, buongiorno e buonasera a turisti, bolognesi doc e ministri, ha deciso di dedicarsi alla famiglia. Ora se ne è andato per sempre Ivo Galletti con cui Palmirani cominciò a lavorare nel 1973, quando il Cavaliere acquistò il ristorante. Divennero soci, un doppio perfetto, Galletti proprietario, Palmirani braccio operativo. Il Diana rimane ora alla famiglia del Cavaliere, dopo la riapertura in via Volturno a fianco dello storico ingresso di via Indipendenza. Si ritira Eros, se ne è andato Ivo, la vita continua ma finisce un’epoca. Era il grande amico di Giorgo Guazzaloca, Ivo Galletti, una coppia che aveva cose in comune. Si erano fatti dal nulla entrambi, Guazza macellaio, Ivo salumiere adolescente nella bottega di Ulisse Colombini, fuori porta Santo Stefano. Entrambi burberi, ma di cuore generoso a patto che non si sapesse troppo, genialoidi, imprenditori di talento e di grande intuito. Una razza rara.

Ivo Galletti è l’uomo che disse no agli americani. Meglio i modenesi, pensò quando cedette l’Alcisa, un impero costruito con le proprie mani, come una casa pietra su pietra, ai Grandi salumifici italiani. Forse pianse, il Cavaliere, ma nessuno se ne accorse e se è successo lui non lo ha mai raccontato a nessuno. Il trio vincente dell’azienda fu per decenni formato da Ivo Galletti, dal fratello Gino e da Rino Brini, un socio che era un altro fratello di fatto. Gente solida, dotata di senso pratico, che combinava affari con una stretta di mano. Prima l’onore e la parola data, poi le firme.

Nel segno della mortadella, Galletti costruì un impero allargandolo alla ristorazione, al turismo agli immobili, mentre intorno a lui cresceva una famiglia con figlia, genero, nipoti e pronipoti. La storia dell’Alcisa è la fotografia in bianco e nero che lentamente sfuma in una immagine a colori. Nasce nel retrobottega della salumeria Reggiani in via Riva di Reno, un laboratorio dove l’orario di lavoro non esiste. Si va avanti finché ce n’è. L’Alcisa si allarga, si trasferisce a Porta Lame, nel 1968 a Zola Predosa. Una cattedrale che cresce e cresce negli anni. Ivo Galletti, gran sacerdote dell’azienda, riceve amici e clienti sempre in cravatta e camice bianco. Fuori, nel piazzale camion che vanno e vengono, smistano 2mila quintali a settimana di mortadella e salumi che finiscono sulle tavole di tutta Italia. Il Cavaliere non amava molto parlare di sè e non regalava una sola parola dell’attività di beneficenza che dispensava ovunque, compreso Piumazzo, dove domani lo salutano familiari e amici. Nel paese che inventò il tortellino, Castelfranco Emilia (Modena) nei giorni della gran sagra compariva sempre una mortadella da cento chili, made in Alcisa. Si divertiva anche così, Ivo Galletti. Che aveva una passione segreta. Il ballo. A Milano Marittima nelle sere d’estate in Hotel piroettava in modo perfetto. Non toccava terra. E lì sorrideva sempre.

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