Addio a La Forgia, intellettuale e riformista. Il ricordo pubblico dopo la cremazione

L’ex presidente della Regione aveva scelto la sedazione profonda, se ne è andato ieri pomeriggio circondato da famigliari e amici stretti

Antonio La Forgia

Antonio La Forgia

di Andrea Bonzi

Antonio La Forgia non c’è più. Anche il corpo dell’ex presidente della Regione Emilia-Romagna, ha seguito la mente che, tra lunedì e martedì, era già volata via. La Forgia, 78 anni, è morto ieri pomeriggio attorno alle 15.

Aveva scelto la sedazione profonda, troppa sofferenza per quel tumore che lo divorava già da un anno e mezzo. Una scelta forte, consapevole, condivisa con i medici e gli stessi famigliari che non l’hanno mai abbandonato, restando attorno al letto allestito a casa in centro a Bologna. Nessun commento da parte della famiglia - la moglie Mariachiara Risoldi, 69 anni, i figli Mauro e Francesca –, si sa solo che, a cremazione avvenuta, si terrà un momento di ricordo pubblico. Le modalità saranno rese note dai famigliari nelle prossime ore.

Nei giorni scorsi, della sua decisione, "lucida", "informata", aveva parlato la moglie, Mariachiara Risoldi, affidando il suo sfogo a messaggi sui social. "Per la legge – aveva scritto sulla sua pagina Facebook – il suo corpo è costretto ad essere ancora qui, mentre la sua mente è già arrivata in un luogo leggero. Siamo un Paese veramente ipocrita".

Un lungo addio che finiva per aggravare il dolore di un momento difficile, "un’inutile tortura", aveva rincarato ancora la dose la Risoldi. Parole forti, che avevano riaperto il dibattito sulla mancanza di una legge sul fine vita in Italia. Al momento, infatti, la scelta di La Forgia è l’unica permessa nel nostro Paese: una sostanziale interruzione delle terapie con una forte dose di antidolorifici e morfina. Anche a livello nazionale, l’eco di questa vicenda aveva spinto alcuni esponenti a rilanciare il tema legislativo.

Altro particolare che ha colpito l’opinione pubblica, il saluto riservato agli amici, il giorno prima di lasciarsi andare: ha chiamato a sé una decina di loro, i più cari, ricordando il passato e affidando a ognuno di loro un pensiero, che fosse uno dei suoi libri o un oggetto. Poi, le ultime parole con la moglie, che lo ha salutato così: "Tu, lassù, non sedurre troppe signore".

Si chiude così la parabola umana e politica di Antonio La Forgia. Nato a Forlì nel 1944, è stato un protagonista della politica bolognese a partire dagli anni Ottanta: iscritto al Pci, fu assessore, poi segretario del Pds.

Nel 1996, quando Prodi chiamò Pier Luigi Bersani a fare il ministro dell’industria nel suo primo governo, La Forgia gli subentrò alla presidenza, dove restò fino al 1999, quando si dimise in seguito alla sua uscita dal partito per aderire al progetto prodiano de ‘I Democratici’.

Da allora è sempre stato politicamente molto vicino a Prodi e per due legislature, dal 2006 al 2013, è stato deputato, partecipando attivamente anche alla nascita del Partito Democratico. Anche negli ultimi anni aveva sempre continuato a seguire da vicino le vicende della politica bolognese e nazionale, non mancando di far sentire la propria voce. Descritto da tutti come un intellettuale raffinato, La Forgia aveva una lucidità e un’onestà intellettuale non comune.

Lo dimostra anche l’aneddoto raccontato da Aldo Bacchiocchi. L’ex sindaco di San Lazzaro, infatti, torna con la mente alla primavera 1993, subito dopo la formazione del governo Ciampi che vedeva fra le proprie fila esponenti dell’ex Pci dal 1947. Subito dopo la Camera, a scrutinio segreto, negò l’autorizzazione a procedere contro Bettino Craxi e Pds e Verdi ritirarono i ministri facendo cadere il governo. A spingere per la rottura, ricorda Bacchiocchi, fu proprio la Forgia, allora potente segretario emiliano del Pds, oltre a Massimo D’Alema. "Sbagliai, bisognava restare al governo e sostenere Ciampi: fu un errore che aprì la strada all’avventura politica di Berlusconi, il cui ventennio è nato il giorno in cui i nostri ministri si sono dimessi", commentò La Forgia anni dopo conversando con amici e compagni di lotta.

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