Addio al falegname che costruiva sorrisi

Gianfranco Tugnoli era il maggiore dei tre fratelli del noto laboratorio fondato nel 1959. Il sindaco: "Sempre in prima linea nel volontariato"

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Per lui lavorare il legno era qualcosa di più di un mestiere, non era soltanto fatica e sudore della fronte. Gianfranco Tugnoli, scomparso ieri mattina all’età di 80 anni, interpretava il suo lavoro come un’arte antica. Con le sue mani creava porte, finestre e infissi in grado di trasformare l’aspetto di una casa, rendendola una dimora sicura per ogni famiglia. A Granarolo la sua bottega, fondata assieme ai fratelli Alessandro e Graziano, è un’istituzione fin dal 1959 e l’anno scorso la famiglia Tugnoli festeggiò i 60 anni di attività.

Un traguardo che aveva commosso Gianfranco, perché era anche merito suo il successo di questo laboratorio. Lui che era il primo ad arrivare in bottega e l’ultimo ad andarsene. Le sue mani callose erano temprate da un lavoro nobile quanto faticoso, e il profumo raffinato del ciliegio grezzo lo accompagnava ovunque. Il fratello Graziano lo ricorda: "Era sempre propositivo ed entusiasta. Anche quando le cose non andavano bene, lui sapeva guardare al futuro con ottimismo. Era per noi un pilastro, la base su cui appoggiava l’attività. Se un lavoro non era finito, lui non andava a casa. Non sarebbe riuscito ad addormentarsi senza aver concluso l’opera". Il sindaco Alessandro Ricci è dispiaciuto: "Oltre alla falegnameria, Gianfranco era un volontario insostituibile. Con la pro loco o altre associazioni, lui era sempre pronto a dare una mano. Era un uomo dai valori antichi ma che sapeva progettare e programmare il futuro. La famiglia Tugnoli è un esempio per tutti i granarolesi". In paese quasi tutte le case hanno le finestre e le porte realizzate dalla bottega dei tre fratelli, che hanno saputo aggregare intorno a sé i figli, creando continuità ed evitando, come spesso succede, la chiusura di un’attività per mancanza di eredi.

Il fratello Graziano lo ammirava: "Era un lavoratore instancabile, ma non si dimenticava degli altri. Nei ritagli di tempo era un volontario per Pro Loco e carnevale, e anche alla festa dell’Unità. Sbagliava pochissimo sul lavoro, ma quando lo faceva non era superbo; anzi, era il primo ad ammettere un errore. Sapeva insegnare agli altri il mestiere". E poi ricorda come cominciò l’avventura: "Nostro padre era un muratore, e noi, dopo anni di apprendistato come falegnami, volevamo creare un’attività nostra. Gianfranco fece di tutto per spronarci a non arrenderci e così realizzammo il nostro sogno di una bottega di falegnameria. Ricordo la passione dei primi tempi, una voglia interiore che anima ancora oggi i nostri figli. Perché senza questa spinta che viene dal profondo, non si può avere successo in nulla".

Matteo Radogna

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