"Al cinema ancora le Ffp2 È una discriminazione"

Donini, gestore di una sala a Ca’ de Fabbri, critica la proroga su Facebook "Non è più una misura sanitaria, ma una scelta politica che ci penalizza"

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Benedetta

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La proroga fino al 15 giugno dell’uso della mascherina per accedere al cinema, riporta alla ribalta lo sconforto di Morris Donini (nella foto), gestore del Nuovo Cinema Mandrioli di Ca’ de Fabbri di Minerbio, che già durante il primo lockdown del 2020 si ribellò allo stato delle cose, decidendo di proiettare un film a sera anche senza la possibilità di accogliere spettatori, se non se stesso, pur di non chiudere.

La sua critica all’obbligo della mascherina in sala, un pensiero che è stato espresso anche dall’assessore alla cultura regionale, Mauro Felicori, qualche giorno fa dalle nostre pagine, l’ha postata sulla pagina Facebook del suo piccolo cinema proprio il primo maggio. "Una data che aspettavo da molto tempo – erano le sue parole – e questo è quello che avrei voluto scrivere oggi nella giornata dei lavoratori, d’altronde la mia vocazione è di ‘cinemaio’, non di poliziotto. Invece, se da un lato esulto per la sospensione del Green pass, dall’altro c’è incredulità mista a disperazione per la proroga dell’obbligo di mascherine (Ffp2!) fino al 15 giugno nei luoghi di spettacolo al chiuso. Chiariamo: la mia non è una lotta contro le mascherine ma una battaglia contro le discriminazioni, in difesa della coerenza e della giustizia". E aggiunge: "Quella di oggi non è più una misura sanitaria ma una scelta politica pericolosissima che ci vede per l’ennesima volta il settore più penalizzato, e punta il dito contro i luoghi di spettacolo, classificandoli come posti pericolosissimi (però si può andare liberamente nei centri commerciali, in chiesa, al lavoro, al bar, al ristorante, nemmeno in discoteca mentre si balla è più richiesta dal 1° aprile). Volendo fare i furbi, l’obbligo è facilmente aggirabile poiché è consentito mangiare e bere durante la proiezione, ma il mio sguardo è rivolto in alto, convinto che serva un atto duro di ribellione da parte di tutta la nostra categoria".

L’amarezza sfogata sul social è condivisa dalla sindaca di Minerbio, Roberta Bonori, sul suo profilo: "Non posso che condividere l’appello di Morris Il Cinemaio che denuncia come da ieri la mascherina sia obbligatoria solo nei ’luoghi della cultura’ come #cinema e #teatri, mentre non valga più in tutti gli altri posti di uguale o maggiore affluenza.– scrive – Come dice Morris, la sua e quella di tutti gli altri esercenti non è una lotta contro le mascherine, ma una lotta contro le discriminazioni. E se nei teatri in questi ultimi mesi abbiamo visto una gran voglia di partecipazione, i cinema non sono mai usciti del tutto da quest’emergenza che – se mi posso permettere – è stata aggravata dalla quasi totale commercializzazione online delle case cinematografiche, i cui film adesso escono prima su #Netflix che in sala. Questa ennesima discriminazione che devono sopportare, fa dire basta".

La situazione dei cinema è molto grave, come ricorda Donini, e lui è forse anche tra quelli fortunati, che riescono a portare fuori casa gli spettatori: ieri alla prima delle 18 di ’Doctor Strange nel multiverso della follia’ di Sam Raimi, c’erano sessanta persone, un buon dato nonostante tutto. "Ma il punto non è l’affluenza della gente o la mascherina in sé, che se uno vuole portarla non è che glielo vietiamo – sottolinea –, il punto è che si è accettato tutto e troppo senza una regolamentazione giusta, e penso all’aprile dell’anno scorso quando dal giorno alla notte è uscita fuori una nuova regolamentazione per cui le finestre di sfruttamento cinematografico sono state accorciate in Italia a 30 giorni, che è nulla se ci si pensa, per portare un film su una piattaforma online. Questo problema ha a che fare con la legge e guardo alla Francia, che porta un film online dopo un anno e mezzo".

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