Alessandro Ferriani morto in canoa nel Reno, chieste nuove indagini

Il pm vuole archiviare, la famiglia del ragazzo si oppone: "Punti non chiari"

I sommozzatori al lavoro e accanto Alessandro Ferriani

I sommozzatori al lavoro e accanto Alessandro Ferriani

Bologna, 22 settembre 2019 - Un'ora nelle acque gelide, mancate competenze dell’istruttore e un divieto di navigazione in quel determinato tratto di Reno. Tre punti ben precisi per dire no alla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura sulla tragedia di Alessandro Ferriani, il canoista di 17 anni morto l’1 febbraio. "Perché sono necessari altri accertamenti – chiosa Ciriaco Rossi, avvocato dei genitori del ragazzo –, le cose da chiarire sono tante e molte osservazioni nell’opposizione sono state fatte sulla base di elementi raccolti dal pubblico ministero".   

IL CASO. Quel pomeriggio dell’1 febbraio, Alessandro si stava allenando con due compagni del Canoa Club Bologna, a valle della diga storica di Casalecchio. Erano quasi le 17, non era ancora buio, quando si rovesciò senza riuscire a tornare in superficie, con l’istruttore che cercò prima di aiutarlo con un remo, poi gettandosi in acqua facendogli raggiungere la riva. Ma tutto fu inutile, il cuore del giovane si fermò e per l’autopsia ad ucciderlo fu un mix tra annegamento e ipotermia.   

OMICIDIO COLPOSO. Il pubblico ministero Antonello Gustapane, dopo aver aperto un fascicolo per omicidio colposo contro ignoti, alla fine di luglio ha chiesto l’archiviazione non ravvisando responsabilità di terzi nella morte del canoista minorenne. Decisione alla quale ora si è opposta la famiglia. "Dal fascicolo della Procura – riprende l’avvocato Rossi – emerge che chi accompagnò Alessandro, non aveva le competenze e le qualifiche necessarie. Se ciò verrà confermato, ci troveremo di fronte a una violazione del codice di sicurezza. Il consulente del pubblico ministero poi afferma che prima di chiamare i soccorsi, dopo la caduta in acqua, sarebbe trascorsa più di un’ora, con la temperatura del fiume di 1 grado".

  NORMATIVA. Il legale poi ricorda come "è risaputo che qualche ora dopo la tragedia, il Reno è esondato e ha allagato alcuni comuni". Situazione che "porta a pensare che forse le condizioni per l’uscita in canoa non erano idonee. Senza parlare della forza della corrente, talmente impetuosa". Non è finita. Perché nell’atto di impugnazione della famiglia Ferriani si fa riferimento anche al regolamento di polizia urbana del Comune di Casalecchio: «Esiste un divieto di navigazione nel Reno proprio a pochi metri dalla diga e in determinate situazioni. In periodo di piena deve essere sospesa". Anche per questo i genitori ora chiedono se il Canoa club, che aveva la responsabilità sui ragazzi minorenni, in quell’occasione aveva "permessi particolari per scendere in acqua e se l’istruttore aveva tutte le carte in regola, autorizzazioni e competenze, per accompagnare i ragazzi nel fiume". La famiglia, inoltre, è ancora in attesa del risarcimento dell’assicurazione del club il quale si è già attivato da tempo per far sì che ciò avvenga e in tempi rapidi.

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