Allarme cassa in deroga In 20mila senza assegno

I sindacati: burocrazia e intoppi, il 20% degli addetti non ha reddito da due mesi La Regione incalza: bisogna semplificare. Colla: serve un unico ammortizzatore

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La ‘cassa’ Covid non basta. Sono, infatti, 20mila i lavoratori che dalla fine di febbraio-inizi di marzo sono senza reddito. L’allarme arriva dai sindacati che stimano attorno al 20 per cento la quota di dipendenti (su 100mila) che non sono riusciti ad avere l’ammortizzatore sociale che gli spettava in tutta l’area metropolitana di Bologna. Non solo Cig in deroga (cioè la cassa Covid), ma anche il Fis (il fondo d’integrazione salariale) e altri ammortizzatori fondamentali per poter sopravvivere in questi mesi di lockdown.

Maurizio Lunghi, segretario generale della Cgil di Bologna, conferma: "In migliaia attendono ancora il pagamento da parte dell’Inps. E tutti gli aiuti promessi, come l’anticipo da parte della banche, ad esempio, non ha funzionato a dovere".

Colpa di problemi tecnici, richiesta di carte e altri intoppi.

Danilo Francesconi, numero uno della Cisl area metropolitana conferma: "Il monte complessivo delle casse pagate è circa un 80 per cento, ma sul resto l’Inps è ancora indietro. C’è troppo burocrazia, serve un rilancio".

Ma chi sta soffrendo di più? Non le imprese medio o grandi che, in linea di massima, hanno anticipato gli assegni, a fronte di accordi sindacali che garantiscono il reddito sebbene ci siano ritardi nell’erogazione della ’cassa’.

A soffrire, quindi, sono i dipendenti delle piccole imprese, spesso impossibilitate ad anticipare i pagamenti. Si tratta di ristoranti, bar, negozi al dettaglio, esercizi legati al turismo, artigiani, concessionari, piccole ditte di pulizia e il settore dei servizi.

Giuliano Zignani, numero uno Uil Emilia-Romagna, precisa: "A parte il 20-25 per cento di accordi aziendali, c’è tutto un mondo che è rimasto a bocca asciutta. Dal barista sotto casa alla parrucchiera. Il motivo? Il governo non ha inviato i soldi. E senza fondi, l’Inps come fa a pagare la ’cassa’? C’è poi un altro problema: la seconda tranche della cassa integrazione in deroga che dovrebbe partire da settembre. E chi lavora ad agosto che cosa fa? Rischia di restare scoperto dagli ammortizzatori". Uno dei nodi è la burocrazia. La cassa in deroga, infatti, deve passare attraverso due ‘istruttorie’: quella regionale e quella dell’Inps. Un iter che può andar bene in tempi normali, ma non in piena emergenza Covid dove il numero delle domande ha superato quella della crisi 2008.

Vincenzo Colla, assessore regionale al Lavoro, conferma: "Fortunatamente nel nuovo decreto si è deciso di saltare il passaggio regionale. Così si dovrebbe accelerare. In ogni caso, l’Emilia-Romagna ha consegnato il cento per cento delle domande all’Inps a fronte di 325 milioni euro che possono coprire tutte le richieste". Si tratta di numeri importanti, cioè di circa 45mila accordi solo di cassa in deroga. Da qui, è normale che l’iter che prevedeva il doppio passaggio Regione-Inps s’incagliasse, non essendo adatto in tempi di pandemia. Per questo – incalza Colla – c’è "la necessità di un’opera di sburocratizzazione". Obiettivo, semplificare il sistema degli ammortizzatori sociali, con un unico strumento da adattare alle varie realtà aziendali. Una prospettiva che anche Francesconi (Cisl) auspica: "Chissà che l’emergenza non ci regali un sistema più semplice...".

Nell’attesa di capire se la rivoluzione degli ammortizzatori sarà fattibile, la fase due ha drasticamente ridotto le domande.

"A marzo in Emilia-Romagna arrivavano 3mila richieste di cassa in deroga a settimana, oggi siamo fermi a meno di 400. Un buon segnale. Significa che stiamo ripartendo", conclude Colla.

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