Bologna, allarme medici di base: il 40% vicino alla pensione

Secondo le previsioni dell’Ausl la carenza raggiungerà l’apice nel 2025. Attualmente sarebbero già 288 quelli che mancano tra città e provincia

Paolo Bordon, direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna

Paolo Bordon, direttore generale dell’Azienda Usl di Bologna

Bologna, 21 aprile 2022 - Dal 2022 al 2025, quindi in un quadriennio, nel Bolognese, andrà in pensione il 40 per cento dei medici di medicina generale attualmente in servizio. Se, attualmente, secondo una serie di dati dell’Azienda Usl analizzati dai sindacati, mancano all’appello già 288 medici di base, considerando sia la città che la provincia, il peggio deve ancora arrivare. Sempre se non si riuscirà a correre in qualche modo ai ripari.

Il dato sul pensionamento dei dottori è stato fornito dal direttore generale dell’Ausl, Paolo Bordon, nel corso dell’Udienza conoscitiva relativa alla cosiddetta Missione 6 del Pnrr che riguarda l’ambito sanitario, tenutasi ieri pomeriggio davanti alle Commissioni consiliari Prima e seconda. Il direttore Bordon ha poi sottolineato che, secondo i loro dati i medici di famiglia mancanti nell’ambito cittadino sarebbero attualmente 70. Il numero uno dell’Ausl non ha nascosto il problema, affermando che esistono zone più complesse e che il pensionamento di molto dottori di lunga esperienza, estremamente legati alla comunità, ha sicuramente comportato disagi in quanto non se n’è andato solo il medico in quanto tale ma, tante volte, un vero e proprio punto di riferimento della popolazione. Tra le aree con maggiori problemi di carenza ha citato alcuni comuni della provincia dove alla questione pensionamento si è aggiunta quella dei medici no vax.

"C’è un comune che si è trovato all’improvviso senza quattro medici di famiglia perché due sono andati in pensione e altri due sono stati sospesi in quanto contrari alla vaccinazione – dichiara Bordon –. Si è verificato un gran vuoto, ma sui sanitari no vax siamo stati rigorosi e intransigenti. Non solo erano contrari alla vaccinazione ma cercavano di fare anche proselitismo e questo, per chi sceglie la professione medica, dal nostro punto di vista non è proprio accettabile".

La speranza è riposta nei giovani laureati: "Ho molta speranza e fiducia in loro – afferma il direttore generale – perché hanno un’altra visione del lavoro che non è più di tipo individualistico ma chiedono loro stessi di essere messi in condizioni di lavorare in team. E chiaramente vanno aiutati per quanto riguarda le strutture, ma sono molto propensi a stare in luoghi dove possano usufruire del rapporto con più colleghi in ambiti con maggior servizi e tecnologia".

Il ruolo del medico di base è stato anche ribadito come centrale nell’ambito dello sviluppo della medicina territoriale, con la possibilità di raggiungere un accordo per un certo numero di ore da dedicare nell’ambito delle Case della salute. Mentre dai consiglieri è arrivata la sollecitazione a un maggior coinvolgimento dei medici di medicina generale nella discussione di quella che dovrà essere la medicina sul territorio, quella definita ’del futuro’.

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