"Allerta finita in terapia intensiva, verso la normalità"

Lo specialista: "Siamo nella fase della convivenza con il morbo. Tutti stanno tornando al loro posto d’origine"

L’ultimo paziente Covid, con importanti problemi respiratori, è entrato tre giorni fa. "Sì, la situazione è cambiata definitivamente e ora lo possiamo dire...". Un lungo sospiro poi tutto fuori: "L’emergenza per le terapie intensive è finita e stiamo tornando alla normalità". Lui è Nicola Cilloni, direttore della terapia intensiva del Maggiore e di quella del Bellaria creata ad hoc per l’emergenza Coronavirus. "Stiamo facendo ripartire la vecchia macchina – scherza l’esperto medico – e tutti stanno tornando al loro posto d’origine". Il reparto che dirige oggi viaggia a una media di quattro pazienti su sei posti letto, "e adesso stiamo ultimando il rientro dei piacentini".

Durante la fase più acuta, le due terapie intensive erano completamente full: 10 più 10. Senza sosta. Senza un attimo di respiro. Ora sembra tutto un altro mondo, "siamo nella fase della convivenza con il Covid". Presto la terapia intensiva del Bellaria verrà chiusa, entro metà giugno invece verrà aperta la parte dell’hub nazionale, con 34 posti letto, che riguarderà anche il Maggiore. "Le sale operatorie sono ripartite a pieno regime, stiamo recuperando il pregresso – racconta –, tutto quello che era stato sospeso per l’emergenza Covid". Una vera e propria "guerra", la definisce, con "i soldati presi d’urgenza da tutte le parti degli ospedali per combatterla".

Tra le ripartenze, ci saranno anche i progetti che riguarderanno i parenti i quali, negli ultimi 15-20 giorni, hanno avuto la possibilità di poter vedere e colloquiare brevemente con i loro cari attraverso gli Ipad. "Ora – riprende Cilloni – siamo pronti a partire innanzitutto con i colloqui con i medici". Di persona e non più dietro a uno schermo. Ma c’è un’altra grande novità che il direttore della terapia intensiva sfodera con grande orgoglio: "Stiamo studiando la possibilità di fare entrare i parenti in reparto e parlare con i familiari ricoverati". Certo, rigorosamente a distanza, uno alla volta, con mascherine e con tanto di vestizione apposita. "Che non è come mettersi un cappottino – sorride per un attimo Cilloni – e in media, un addetto ai lavori veloce, impiega dai 4 ai 5 minuti". Tutto questo dopo la misurazione della temperatura, obbligatoria per poter accedere all’ospedale. Le tempistiche per le attese visite? Non servirà molto, promette Cilloni: "Nel giro di una settimana, o forse due siamo pronti". Cosa impensibile a metà aprile. Già, anni luce fa.

Nicola Bianchi

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