Andrea Montovoli: "Recitare in carcere mi ha salvato"

L’attore bolognese nel libro ’Io non sono Grigio", racconta la sua seconda vita dopo il Pratello

Andrea Montovoli

Andrea Montovoli

Bologna, 8 gennaio 2022 - Ci sono esperienze che segnano la vita, ci sono cadute e risalite, errori che diventano occasioni di riscatto. Storie di rinascita, lontano dai riflettori. Come quella di Andrea Montovoli, nato a Porretta Terme, vissuto a Bologna, volto tra i più amati del cinema e della televisione italiana, raccontata nel suo romanzo fortemente autobiografico, ‘Io non sono Grigio’ (Mondadori).

Montovoli, lei è conosciuto per le tante partecipazioni sul grande schermo e la tv. Da Coliandro a ’Notte prima degli esami’, da ’Il papà di Giovanna’ di Pupi Avati a ’Ballando con le stelle’. Poi arriva questo libro con il quale mette in scena il suo passato.

"‘Io non sono Grigio’ è stato un profondo esercizio di auto analisi, ho scoperto quanto la scrittura possa essere fortemente liberatoria, una occasione per fare i conti definitivi, per quando possibile, con quello che siamo stati e che, inevitabilmente, porti sempre con te. Anche quando riesci ad avere una seconda vita".

Lei, questa seconda vita è riuscito a guadagnarla.

"C’è sempre una maschera da portare, specie quando si fa il mio lavoro. Io, dietro questa maschera, nascondevo, ed è l’oggetto del libro, quello che è avvenuto quando ero molto giovane e, per una storia di droghe, che adesso mi sembra davvero una di quelle cose stupide che si fanno d ragazzi, sono finito nel carcere minorile del Pratello. Dove, tra l’altro, è iniziata la mia carriera di attore con la compagnia teatrale che si era formata dietro quelle mura".

Un trascorso del quale lei non aveva mai parlato.

"Quando diventi un personaggio pubblico, quando il tuo volto arriva sullo schermo e la tua carriera sembra andare bene, aumenta il senso di vergogna per quel passato, come se non meritassi, per quello che hai fatto, il successo. E così non ne parli, lo tieni nascosto, una colpa che non ti abbandona. Poi, inevitabilmente, qualcosa viene fuori. E arriva il momento di fare i conti con chi siamo stati. Per farlo entrare definitivamente in quello chi sei".

C’è stato un avvenimento particolare che l’ha spinta a scrivere?

"Non una, ma una successione: quando vai a fare il provino per un nuovo film, speri di essere preso e arriva la domanda inevitabile, ‘parlaci della tua vita…Come hai iniziato a recitare?’. Non potevo mentire agli altri e a me stesso. Ho detto basta e la maniera migliore era affidare a un romanzo il mio passato".

Un bisogno di raccontarsi che inizia dal titolo.

"Sì, io non sono più grigio, le zone d’ombra le ho attraversate. Il libro dimostra come una via di uscita c’è sempre. Ognuno deve cercare la propria. La mia è stata la recitazione, ed è iniziato tutto nel carcere minorile di Bologna".

Un viaggio doloroso, quello che ha intrapreso con il libro.

"Doloroso, ma necessario. E’ stato come guadare un fiume, affidandomi a un personaggio di fantasia che sbaglia ma coltiva le speranze che abbiamo da piccoli, che riesce a dare voce al bambino che è dentro ognuno di noi. Quel bambino ha salvato me. Mi auguro che, con la lettura del libro, possa salvare tanti altri ragazzi. Non dal carcere, ma dall’abbandonare, come spesso l’esistenza ci costringe a fare, i nostri sogni".

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