Bologna, 4 novembre 2024 – Lo scontro dei magistrati con il governo torna al punto di partenza, ma stavolta la corrente di destra del Csm è spaccata. I componenti togati del Consiglio, esclusi tre membri, hanno depositato la richiesta di apertura di una pratica urgente a tutela dell'indipendenza e dell'autonomia del collegio giudicante del tribunale di Bologna che alcuni giorni fa aveva rinviato alla Corte di giustizia europea il recente decreto del governo sui Paesi sicuri.
Oggi l'assemblea dell'Anm ha tributato un lungo applauso, con tanto di standing ovation, a una lettera che il giudice Marco Gattuso ha inviato all'assemblea dell'Anm (Associazione nazionale magistrati) tenutasi a Bologna.
Gattuso, presidente del collegio che ha rinviato alla Corte di giustizia Ue il decreto 'Paesi sicuri’, ha deciso di non partecipare all'incontro, gremito di magistrati, avvocati e cittadini, per “evitare personalizzazioni”.
Presenti, invece, oltre ai vertici dell'Anm anche alcuni consiglieri del Csm in rappresentanza dell'organo di autogoverno della magistratura.
Il caso dl ‘Paesi sicuri’
La questione che ha fatto scatenare le polemiche riguarda il decreto legge ‘Paesi sicuri’ deliberato dal governo, che prevede, nella lista dei Paesi in cui rimpatriare con procedura accelerata i migranti irregolari, pure il Bangladesh. Ma il giudice del tribunale di Bologna ha rinviato la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, chiedendole di pronunciarsi sull’argomento ed eventualmente di disapplicare il documento in quanto soccombente rispetto al diritto europeo, ritenendo che il Bangladesh non possa definirsi sicuro in quanto sono qui perseguitate minoranze anche di difficile identificazione, tipo le persone Lgbtiqa+. Peraltro si è registrata proprio oggi la ‘ribellione’ di un altro giudice, stavolta a Catania, che ha preso posizione su un migrante arrivato dall’Egitto.
Il giudice Gattuso, dunque, è finito nella bufera ed è stato così preso di mira da alcuni giornali per via della sua appartenenza a Magistratura democratica, del suo orientamento sessuale e del fatto che ha avuto un figlio con la gestazione per altri.
La richiesta di tutele
Proprio per questo motivo i magistrati hanno presentato al Comitato di presidenza del Csm una "richiesta urgente" di apertura di pratica a tutela "della indipendenza e autonomia dei magistrati del collegio giudicante, e in particolare del suo presidente, e della stessa magistratura". Il documento è stato depositato stamane, dai togati di Area, Md, Unicost, gli indipendenti Fontana e Mirenda, e 3 laici - Roberto Romboli (eletto in quota Pd), Michele Papa (M5S) ed Ernesto Carbone (Iv). Quanto ai togati di Magistratura Indipendente, hanno sottoscritto la richiesta di apertura pratica Paola D'Ovidio, Eligio Paolini, Dario Scaletta ed Edoardo Cilenti, mentre non hanno firmato Bernadette Nicotra, Maria Luisa Mazzola e Maria Vittoria Marchiano'.
Queste ultime tre consigliere sono le uniche togate del Csm a non aver aderito alla richiesta di apertura della pratica. Hanno invece presentato una richiesta di apertura di pratica a tutela per “garantire una tutela piena dell'indipendenza della giurisdizione e della intangibilità della vita privata di ciascun magistrato, al di là di qualsiasi strumentalizzazione e contrapposizione di tipo politico”.
Nel documento depositato al Comitato di presidenza si ricorda che l'ordinanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia Ue adottata dal tribunale di Bologna "ha formato oggetto di dichiarazioni fortemente polemiche di titolari di altissime cariche istituzionali; dichiarazioni in nessun modo correlate al merito delle argomentazioni giuridiche sviluppate nell'ordinanza e gravemente delegittimanti dei magistrati che l'hanno pronunciata e di tutta la magistratura".
Tali dichiarazioni, scrivono ancora i consiglieri firmatari del documento, "sono state inoltre accompagnate e seguite, su alcuni organi di stampa, dalla esposizione mediatica di fatti e atti della vita del presidente del collegio giudicante, non limitata agli interventi pubblici svolti da quest'ultimo nel corso degli anni ma attinente direttamente alla sfera della sua vita privata e familiare. Questa situazione determina una inaccettabile pressione sui giudici che hanno emesso l'ordinanza suddetta e un obbiettivo condizionamento per quelli che in futuro si dovranno occupare delle medesime questioni; essa, pertanto, vulnera l'indipendenza dell'intera magistratura".
Nel documento, si sottolinea inoltre che l'ordinanza dei giudici bolognesi "è priva di contenuto decisorio, ma si limita ad attuare il disposto dell'articolo 267 Tfue, alla cui stregua tutti gli organi giurisdizionali degli Stati membri possono (e quelli di ultima istanza devono) interpellare la Corte di giustizia sulle questioni, rilevanti in causa, relative all'interpretazione dei trattati e degli atti delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell'Unione".