Il rifugio blindato della Franzoni, sola in casa col figlio più piccolo

L’ansia dopo il verdetto della Cassazione: "Domiciliari da rivedere" FOTO

Anna Maria Franzoni (Foto Ansa)

Anna Maria Franzoni (Foto Ansa)

Ripoli Santa Cristina (Bologna), 13 febbraio 2015 - Colpevole? Innocente? In carcere? Libera? Ai domiciliari? Di nuovo in prigione? La storia della Franzoni è diventata una telenovela con un’unica protagonista e con un gruppetto di giudici come registi. Sono loro che costruiscono, ribaltano e sentenziano, in estate arrestano, in primavera rilasciano e in inverno minacciano nuove sanzioni. E in autunno? Troveranno qualcosa. Senza contare che di volta in volta viene considerata lucida, malata di mente, pericolosa, innocua, ha rimosso, anzi no, ricorda benissimo. Con questo accanimento si rovinano le famiglie».

Un po’ di rabbia e una buona dose di amara ironia fonde i discorsi dei rari paesani disposti a commentare l’ultimo passaggio giudiziario sulla sorte della Franzoni che la Corte di Cassazione ha rimesso in bilico tra la cella e la prigionia tra le mura di casa. Lei si immagina in ansia nella villetta affacciata su boschi spogli e casolari lontani che il sole, il gioco delle ombre e il fumo dei camini accendono di bagliori misteriosi e spettacolari.

Lungo gli stradelli di Ripoli Santa Cristina, la bandiera Usa, in onore del Bologna FC americano, tappezza la vetrina dell’unica bottega, la neve rallegra i bambini che fanno i pupazzi, e carica le voci di indignazione: «Siamo stati tre giorni senza acqua e senza luce. Un’esperienza durissima anche perché qui ci sono molti anziani. Anna Maria, sola con il figlio di 12 anni (FOTO) ha dovuto affrontare questo ulteriore, grave disagio. Esce raramente, riceve i carabinieri e non va neppure in chiesa, almeno qui». E Stefano Lorenzi, il marito? E Davide, il primogenito? A Ripoli la domanda serra le labbra e innesca qualche infastidito dietrofront, ma più su, a Monteacuto Vallese, dove la Franzoni è cresciuta, dove vivono i genitori e dove riposa il piccolo Samuele ucciso a Cogne, alcuni rimettono insieme i brandelli di discorsi raccolti qua e là, tra auguri, timori e speranze, nei giorni del Natale.

«A sentire le voci – dicono – padre e figlio lavorano all’estero, forse in Romania. Lui è un bravissimo tecnico di impianti elettrici e il giovane, che frequenta una ragazza di origini romene, è pure molto capace. Sono andati via, pare, anche per motivi economici, e del resto non è facile tirare avanti con una donna che può uscire per qualche ora, con due figli giovani, con le tasse e con gli avvocati da pagare». Ipotesi e considerazioni colte al volo a qualche chilometro dal borghetto dove Anna Maria porta avanti, da sola, la sua striscia di paure e di speranze lunga più di tredici anni.

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