
Massimo Fabi è alla guida dell’assessorato regionale per le Politiche alla salute
"È un momento di transizione in cui i medici di famiglia vogliono capire come evolverà la situazione, ma c’è una carenza, questo è oggettivo. Anche se questo non si traduce, è bene dirlo, in un calo dei livelli assistenziali: non ci sono cittadini che non sono assistiti". Lo sottolinea l’assessore regionale alla Salute, Massimo Fabi che, nel contempo, annuncia l’avvio delle Aft, le Aggregazioni funzionali territoriali: nel Bolognese partiranno entro la fine di aprile, saranno 32 e ognuna sarà composta da circa 17 medici di famiglia o di continuità assistenziale che si occuperà di 25.600 pazienti (il numero è medio)". La Aft dovranno garantire ai pazienti un’assistenza anche nei week-end, nei festivi e come sistema di prima urgenza: alla funzionalità e funzionamento di tali aggregazioni è strettamente legato il futuro dei vari Cau, i Centri assistenza urgenza. È pensabile che in molte realtà i Cau saranno superati dalle Aft.
Ma anche per far funzionare al meglio le Aft, resta lo scoglio di una professione sempre meno appetibile, soprattutto per i giovani che Fabi ammette: "Sta diventando molto faticosa perché c’è un carico burocratico che rischia di sopprimere il tempo da dedicare alle attività di cura. Uno degli obiettivi di legislatura è proprio quello di ridurre questo carico. Su questo la digitalizzazione del sistema e l’intelligenza artificiale, sono sicuro, darà una mano – dichiara –. Nel breve termine, anche attraverso il nuovo integrativo regionale, dovremo far tornare appetibile la medicina generale. Sono ottimista perché stiamo lavorando sodo con i rappresentanti sindacali. La figura del medico di famiglia sarà centrale nel sistema territoriale di cura e lo sarà in un ambito di collaborazione con gli altri professionisti".
Sul fatto che tale professione stia perdendo appeal si sofferma Salvatore Bauleo, segretario provinciale della Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale): "Intanto con il nuovo contratto, il medico vorrebbe sapere cosa va a fare, poi questa professione è diventata molto faticosa: l’assistenza ai pazienti è sempre più impegnativa e vieni raggiunto dalle varie richieste con tutti i mezzi, da Facebook, a WhatsApp, alle mail, a messenger. Per rendere questo lavoro un po’ più gradito ai giovani medici – suggerisce – bisogna supportarli con personale infermieristico e amministrativo, poi alleggerire l’enorme e insensato carico burocratico: una marea di foglie e foglietti che dobbiamo compilare. Quando i tirocinanti vengono nei nostri studi e vedono quanto siamo oppressi da tutta questa burocrazia, scappano e scelgono altre specialistiche. Bisognerebbe anche educare i pazienti perché ci sono due estremi: persone che non vediamo quasi mai e altre che tendono all’eccesso".
Sottolinea il carico di lavoro che rischia di essere ulteriormente aumentato e la soffocante burocrazia anche Fabio Brinati, vice segretario regionale dello Smi (Sindacato medici italiani), "poi c’è lo spauracchio della dipendenza dal servizio sanitario nazionale che non attira certo i giovani".
Dubbi vengono espressi anche dallo Snami (Sindacato nazionale autonomo medici italiani) che ha sollevato con forza il problema della carenza dei medici di famiglia: "A fronte di un fabbisogno incrementale, il calcolo dei posti di formazione che le regioni devono concordare poi a Roma con tutte le altre regioni sono paradossalmente calati, dopo l’iniziale aumento che ci fu con Giulia Grillo sono andati calando e quest’anno dovrebbero ulteriormente calare, quindi si restringe la platea dei medici che acquisiscono il titolo per coprire il sempre maggior numero di posti vacanti".