Avati: "Riapro i giochi con il Male"

Il regista parla del suo nuovo romanzo, ’L’archivio del Diavolo’, che riannoda i fili dal libro e dal film precedenti

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di Andrea Maioli

"Morire è un infinito pensare". Oppure: "Mi piacerebbe svegliarmi già morto" e ancora "Come farò quando non ci sarò più?". Testimonianze di ricoverati all’ospedale psichiatrico ’Roncati’di Bologna, anno 1926. Cosa c’azzecca il pensiero libero di un malato di mente al profumo dell’elicriso, un fiore dall’"odore scuro, simile alla melassa, intenso, profondo, arcaico"? E perché tutto ciò si va a intrecciare in qualche modo, anche con la storia dark dello scrittore russo Gogol’ (quando si aprì la sua bara, il corpo era girato su un fianco e mancava la testa)? C’entra il Diavolo, probabilmente.

Pupi Avati, indizi che percorrono il suo nuovo romanzo ’L’archivio del Diavolo’, ’sequel’ del fortunato binomio libro-film ’Il signor Diavolo’. Che non a caso aveva un finale aperto.

"Con quel libro e con il film non avevo infatti esaurito il discorso, ho lasciato volutamente un finale ambiguo, perché il Male non si esauriva lì e non solo in quei personaggi. Quel volto inquietante del bambino che si affacciava sulla cripta... Allora ho immaginato di ampliare questa mia riflessione con una trilogia di cui L’archivio del Diavolo è il secondo capitolo".

Lei crede a una presenza tangibile...

"Basta guardarsi attorno per sentire la presenza del Diavolo e vedere i grandissimi risultati che sta ottenendo nel mondo. Il Male è concreto, ci circonda, non è solo il Covid che si diffonde, è un’ingiustizia diffusa, è il degrado etico e morale che ignora le tantissime persone costrette a vivere nella più assoluta indigenza...".

Senza che la politica o la Chiesa...

"Molti di loro sono indifferenti. Che cosa dovrebbero fare se non aiutare il prossimo, lavorare per la comunità. E invece girano la testa dall’altra parte, fingono di non vedere. Creda, il Male ha già vinto la sua battaglia".

Detto da un credente come lei...

"Sono ostinatamente credente anche se è difficilissimo credere in ogni momento della giornata: la fede è un susseguirsi di dubbi, un rapporto molto complicato...".

Si legge sotto il titolo: ’Romanzo del genere Gotico Maggiore’.

"Cosa significa? Il Gotico Maggiore è tutto ciò che mi prescinde, quello che faccio e che non capisco, quella mia vena creativa che sembra vivere di vita propria. Non sono mai stato in analisi, non ho mai avuto risposte sulle ragioni, le origini... è una parte di me che mi sfugge, solo e totalmente mia. La definirei ’sacrale’, non obbedisce a un progetto, non ha una premeditazione. Io sono solo un chierico di questa cerimonia che si nutre anche di immagini ipnagogiche".

Ne parlava anche Fellini...

"Sono quelle visioni che irrompono nel passaggio dalla veglia al sonno: non hanno una spiegazione, volti e cose che non appartengono alla mia memoria".

Anche questo romanzo partorirà un film?

"Non lo so, il libro è complesso, richiede un impegno da parte del lettore perché è una narrazione che rimanda ad altre cose con note a piè di pagina; personaggi realmente esistiti (Togliatti, il sindaco di Venezia) e altri inventati, ma il gioco è proprio quello: mischiare le carte in tavola tra realtà e finzione, dare la sensazione che quanto si stia leggendo potrebbe anche essere accaduto veramente. Spacciare per falso ciò che è vero e viceversa".

Continua anche a battezzare i suoi personaggi di fantasia con nomi di vere persone scomparse.

"Beatrice Macola, Luigi Kuveiller, Franco Ciani... un’attrice, un direttore della fotografia, un musicista. E ce ne sono altri".

Perché?

"È la mia ’via degli angeli’: persone che hanno condiviso almeno per un tratto il percorso della mia vita. Convocandole offro loro la possibilità di sopravvivere. Ha scritto Pavese ’L’uomo mortale non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia’. Ed è il concetto che chiude il mio ultimo film Lei mi parla ancora".

Già finito il montaggio?

"Il film è pronto, mancano solo alcuni ritocchi".

Uscita?

"Non si sa ancora, la distribuzione ci sta pensando, bisogna vedere se il pubblico tornerà a frequentare le sale, molti film italiani saranno destinati ad uscire direttamente sulle piattaforme: la situazione è drammatica".

A proposito, ma dove ha trovato quelle fantastiche frasi dei ’matti’ del Roncati?

"Le ho inventate io".

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