
Una delle immagini contenute nel libro di Baldrati, scrittore e fotografo
’Bologna Cowboy 1977-2047: la resistenza continua’ (DeriveApprodi) è una avventura narrata in due diversi ambiti temporali, tra il 1977 e il 2047, dallo scrittore e fotografo romagnolo che vive a Bologna Mauro Baldrati. Un racconto tra giallo e noir scandito da un album fotografico che descrive le subculture giovanili degli anni ’80. Immagini scattate dallo stesso autore, come quella in copertina, che ritrae un inedito Andrea Pazienza in abiti da kendo. Il libro verrà presentato oggi (ore 18.30) al Centro Sociale della Pace (via del Pratello, 53). Intervengono Fabiola Naldi e Marco ‘Oddo’ Odorici.
Baldrati, perché la scelta di mettere Andrea Pazienza in copertina e come è nata quella foto e le altre contenute nel libro? "Andrea Pazienza, soprattutto col suo personaggio Pentothal, fa parte a pieno titolo dell’epica e degli stili del movimento bolognese del ’77. Anche Penthotal è un’opera di narrativa e quel personaggio è proprio come il protagonista del mio romanzo, ha un distacco che gli permette di raccontare e, se vuole, di farlo con ironia. La foto è nata per gioco, un pomeriggio nello studio fotografico di un amico in via Ugo Bassi. In quel periodo Paz si era appassionato al kendo, e io ho visto subito la potenzialità di un servizio. Le foto nel libro raccontano, con lo stile del catalogo, le subculture giovanili di quel periodo, e sono state realizzate tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta".
Che rapporto c’è tra le foto e il racconto? "La documentazione fotografica può essere il ritratto del popolo del romanzo, in tutta la sua biodiversità"
Che Bologna lei descrive nel libro, quanto e come la città è protagonista? "Ci sono due Bologna, una nel noir ambientato nel ’77 e l’altra nel giallo del 2047. La seconda potrebbe essere il risultato di una involuzione politica e sociale, lo specchio di una società in cui non vorremmo mai vivere".
Nella finzione del racconto, quanto c’è, se c’è, di autobiografico? "Difficile stabilirlo. Io c’ero in quell’anno a Bologna, e il protagonista Toni Rinaldi detto Jimi è lo stesso dei miei due precedenti romanzi in cui lo stesso Jimi era un adolescente in Romagna. Ora è diventato grande e gli capita questo “maledetto guaio a Bologna“ che non sveliamo. Per fortuna a me non è capitato".
A chi è ispirato, se c’è una ispirazione, il personaggio del protagonista incaricato dell’indagine? "Il secondo protagonista, il primo in ordine temporale, perché il libro si apre con il giallo, doveva essere un uomo del suo tempo, in un sistema sociale che ha cancellato il passato e i sogni delle persone. Quando legge il dattiloscritto che gli ha inviato Jimi (e questo è il noir) sente che una luce illumina il buio che lo avvolge, e un suono buca il silenzio tombale della sua vita. Quindi forse potrebbe essere una sorta di alter ego di Jimi, proiettato in un futuro ucronico".
Nelle pagine del libro compare spesso Il Resto del Carlino. "Si, il Resto del Carlino è il giornale di riferimento del noir. Quando a Jimi capita qualche brutta storia il giorno dopo va subito a controllare l’articolo del quotidiano. E lì mi sono divertito a scrivere degli articoli di cronaca immaginando come potessero essere nel ’77".