Banda della Uno Bianca, i crimini nella docu-serie in due episodi

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Centotré azioni delittuose, ventiquattro persone morte e il ferimento di altre centodue. Ecco nei numeri, la storia criminosa della Banda della Uno Bianca che tra il 1987 e il 1994 sconvolse l’Italia, operando soprattutto nella nostra regione (i 30 anni della Strage del Pilastro con l’uccisione di tre carabinieri è stata ricordata proprio quest’anno) e nelle Marche dove compiva rapine a mano armata. Cinque dei sei componenti della banda armata erano membri della Polizia di Stato: Roberto Savi, Fabio Savi, Alberto Savi, Pietro Gugliotta, Marino Occhipinti e Luca Vallicelli, membro minore della banda che partecipò solamente alle prime rapine, che si conclusero senza omicidi e che scontò una breve pena.

Sembra la trama di una di quelle serie televisive cui abbiamo ormai fatto l’abitudine, ma c’è da dire che questa vera storia italiana di violenza efferata supera qualsiasi immaginazione letteraria o filmica e se ne renderà conto lo spettatore domani sera, quando in prima serata su RaiDue alle 21,20 vedrà per il ciclo CrimeDoc, La vera storia della Uno Bianca, docu-serie originale in due episodi (visibili nella stessa serata) scritta da Flavia Triggiani e Marina Loi, duo che da dieci anni lavora nel mondo del documentario e che l’ha diretta con Alessandro Galluzzi, lavorando sul soggetto di Marco Melega per una coproduzione Verve Media Company e Rai Documetari, struttura guidata da Duilio Giammaria, creata nel gennaio 2020.

L’anteprima assoluta della prima parte è avvenuta ieri in città alla Cineteca, alla presenza di molti protagonisti del caso, poliziotti, giudici, giornalisti. Tra questi il giudice Daniele Paci, che volle costituire il ristretto pool investigativo interforze sul caso che venne risolto con l’arresto della banda, grazie alle indagini dei poliziotti della questura di Rimini, Luciano Baglioni e Pietro Costanza. In sala anche Ada Di Campi, la poliziotta che nel 1987 fu vittima di un agguato di fuoco insieme ai colleghi e che racconta dopo anni quei momenti di orrore e terrore.

"Volevamo fare questo documentario da tempo – spiegano Loi e Triggiani – perché questa storia ci ha sempre fatto riflettere e andava raccontata, per i giovani e per chi non vorrà mai dimenticare".

E prosegue: "Abbiamo voluto fare emergere anche uno sguardo femminile in una vicenda prettamente maschile, quindi più emotivo, empatico, intenso, perché non è stato facile ripercorrere tutto cronologicamente, aprendo anche qualche finestra su alcune zone d’ombra che ancora ci sono su questa storia. È notizia recente la possibile riapertura con due esposti fatti dal giornalista Mazzanti e dall’avvocato Gamberini tramite Ludovico Mitilini e anche una lettera che abbiamo ricevuta da Fabio Savi dal carcere, dove lui dichiara alcune cose".

Benedetta Cucci

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