Banda della Uno Bianca, i giudici: “No al lavoro esterno al carcere per Fabio Savi”

Il tribunale di Sorveglianza ha rigettato il reclamo del capo dei killer del gruppo criminale che tra il 1987 e il 1994 uccise 23 persone e ne ferì oltre 100. Ecco le motivazioni

Fabio Savi durante il processo alla Banda della Uno Bianca

Fabio Savi durante il processo alla Banda della Uno Bianca

Milano, 27 gennaio 2023 – No al lavoro esterno al carcere per Fabio Savi, capo dei killer della banda della Uno Bianca: lo ha deciso il tribunale di Sorveglianza di Milano che ha rigettato il suo reclamo.

La decisione è del collegio presieduto da Giovanna Di Rosa, giudice a latere Simone Luerti. Anche la Procura generale aveva chiesto di respingere il ricorso del detenuto, in carcere dal 1994 e negli ultimi anni a Bollate.

I giudici non avrebbero riconosciuto come valido il percorso compiuto fin qui da Savi, anche sotto il profilo dei danni nei confronti delle vittime del gruppo criminale che tra il 1987 e il 1994 uccise 23 persone e ne ferì oltre 100.

Il fratello di uno dei giovani carabinieri uccisi

La storia della Uno bianca è “una vicenda ancora aperta per poter parlare di sconti di pena e permessi”. Lo dice Ludovico Mitilini, fratello di Mauro, giovane carabiniere ucciso insieme ai colleghi Otello Stefanini e Andrea Moneta il 4 gennaio 1991 al Pilastro di Bologna dalla banda guidata dai fratelli Savi.

“Noi familiari delle vittime - dice Mitilini - esprimiamo grande soddisfazione per la digitalizzazione degli atti. Ringraziamo la Regione Emilia-Romagna per la disponibilità economica e il procuratore Amato. Un obiettivo raggiunto grazie alla tenacia del presidente dell'associazione Rosanna Zecchi di cui condividiamo il pensiero quando afferma che 'in ogni pagina di questa storia c'è qualcosa che non tornà, una vicenda che potrebbe aprire ulteriori scenari inquietanti”.

Mitilini aggiunge che “non c'è perdono per gli uomini della banda della Uno bianca che agirono con una ferocia ai limiti dell'umana pietà, macchiandosi di delitti che terrorizzarono una precisa zona del nostro Paese e sui quali gli inquirenti stanno ancora indagando, così come affermato dal procuratore Amato in relazione a due esposti”.

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