Baustelle: "Il nostro ritorno a tempo di rock"

La band stasera e domani all’Estragon con l’ultimo lavoro ’Elvis’. "Il palco perfetto per far ballare e cantare tutta la città"

Baustelle: "Il nostro ritorno a tempo di rock"

Baustelle: "Il nostro ritorno a tempo di rock"

"Come già sperimentato, suonare oggi e domani all’Estragon significa ritrovare la cornice bolognese più adatta ad un concerto dal sapore rock come il nostro" ammette Rachele Bastreghi parlando della rentrée dei Baustelle sul palco del locale di via Stalingrado. "Non vediamo l’ora, infatti, di tornare a far ballare e cantare a squarciagola questa città con noi". Sulla stessa lunghezza d’onda Francesco Bianconi e Claudio Brasini, affiancati da Lorenzo Fornabaio alla chitarra, Milo Scaglioni al basso, Alberto Bazzoli alle tastiere e Giulia Formica, pardon Julie Ant, alla batteria.

Bianconi, altre due repliche all’insegna del sold-out. E sold-out è pure quella del 21 luglio a Cesena, la più vicina della tranche estiva.

"Per noi il concerto è il momento della verità, quello in cui le persone si incontrano e ascoltano ciò che abbiamo da dire. Un momento da vivere e consumare assieme che ha come suo elemento centrale la condivisione".

Che significa portare un album come ’Elvis’ in concerto?

"Dietro ad un progetto discografico c’è tutta la fatica fatta in studio e il live è il momento in cui quello sforzo viene ripagato, il momento in cui la risposta del pubblico ti offre il metro per valutare ciò che hai fatto. Durante i concerti le canzoni riescono a prendere un’altra vita ed è quindi un ‘Elvis’ diverso rispetto al disco quello che proponiamo al pubblico dell’Estragon".

Vale a dire?

"Il lavoro preparatorio del tour è stato di rendere rock anche i nostri brani di repertorio, dargli una forma coerente con la nuova direzione musicale che emerge da ‘Elvis’. Il disco segna, infatti, il ritorno dei Baustelle ad una dimensione volutamente rock e fortemente elettrificata all’interno di un progetto molto più corale rispetto ad altre nostre produzioni".

L’esigenza di trovare un suono condiviso?

"Dopo le esperienze solistiche, per tornare avevamo bisogno di stimoli che ci dessero una nuova eccitazione creativa. E li abbiamo trovati. Molte delle canzoni di Elvis, infatti, sono nate da sessioni di scrittura collettive; quelle con Rachele e Claudio, ovviamente, ma anche da jam in studio con i nuovi musicisti. Ne è venuto fuori un disco che tocca territori per noi inesplorati, che ci ha spinto verso una matrice americana fatta di strutture nuove, ma compatibili con le nostre sensibilità artistiche. Dopo tanti anni, abbiamo sentito il bisogno di tornare a una modalità espressiva più diretta ed urgente. Quella rock".

Pur venendo da Montepulciano, vivete per i due terzi a Milano. Cosa resta della provincia in un album così metropolitano?

"La provincia rimane un nostro tratto costitutivo. Il disco è una carrellata di ritratti di Elvis cittadini, ma anche di uomini ai margini della provincia come, ad esempio, il protagonista di ‘Gran Brianza Lapdance Asso di Cuori Stripping Club’ che si innamora di una ballerina dell’Est in un locale notturno smarrito nelle nebbie padane".

Andrea Spinelli

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