PIERFRANCESCO PACODA
Cronaca

Bergonzoni: "La scrittura fa sentire liberi"

Oggi in Salaborsa la presentazione del libro ’Letteratura d’evasione’, con testi dei detenuti.

Bergonzoni:  "La scrittura  fa sentire liberi"
Bergonzoni: "La scrittura fa sentire liberi"

di Pierfrancesco Pacoda

Che senso ha la parola libertà per chi non può goderne? Esiste una possibilità di sentirsi liberi mentre si sconta una pena carceraria? A rispondere sono i testi che compongono l’antologia Letteratura d’evasione. Scritti dei detenuti del carcere di Frosinone (Il Saggiatore), prefazione di Luigi Manconi e Alessandro Bergonzoni, realizzata all’interno dell’iniziativa Fiorire nel pensiero curata da Federica Graziani.

Il libro verrà presentato oggi in Salaborsa (ore 18) nella rassegna Le voci dei libri da Alessandro Bergonzoni insieme a Ivan Talarico (che ha organizzato il laboratorio di scrittura in carcere dove il volume è stato ideato) e Federica Graziani. Bergonzoni, scrivere significa davvero sentirsi più liberi?

"La scrittura è pratica di liberazione per eccellenza, ha la capacità, unica, di restituire leggerezza alla pesantezza dell’istituzione carceraria. Il foglio dove i detenuti hanno scritto è un oggetto lieve, supera con disinvoltura le barriere, passa sotto le porte, anche quelle più imponenti, restituisce dignità, alimenta la speranza di una normalità negata".

Difficile parlare di normalità in un carcere.

"Il paradosso è proprio questo. Se è giusto che la pena venga scontata, è ingiusto che a chi è in carcere venga negata l’umanità, venga privato della possibilità di godere della bellezza, dell’arte, della poesia. Sarebbe un mondo migliore quello che permettesse, che considerasse normale, a chi è in quella condizione di potersi esprimere, di poter raccontare se stesso e le sue utopie. Ed è quello che i protagonisti dell’antologia Letteratura d’evasione hanno fatto magnificamente".

Cosa ha pensato quando ha letto i racconti della raccolta? "Che c’è una incredibile ricchezza, artistica e umana, che perdiamo ogni giorno, che ci sono persone che posseggono un immaginario infinito, che nel carcere dovrebbero trovare l’occasione per sviluppare un percorso creativo capace di portarli definitivamente fuori dalla loro condizione. Si tratta di talenti che possono fare della scrittura un lavoro. Adempiendo alla missione del carcere, quella del reinserimento".

Che parole userebbe per descrivere quei testi?

"Fantasia, immaginazione, energia, sogno, evasione: E anche amarezza, per la difficoltà sempre maggiore che esperienze come questo laboratorio devono superare per diventare realtà. La scrittura aiuta a uscire dal proprio corpo, a far incontrare, a mettere in relazione".

Graziani, come si è svolto il vostro laboratorio?

"Abbiamo scelto di lavorare in un carcere periferico, perché luoghi come l’Istituto di pena di Frosinone sono ancora più complessi di quelli delle grandi città. Lì i detenuti sono persino dei privilegiati, perché hanno diverse attività da svolgere. In altre realtà, come Frosinone, al dramma della pena, si aggiunge quello di giornate trascorse senza fare nulla, solo il vuoto della propria cella. Grazie alla partecipazione a un bando siamo riusciti ad avviare l’esperienza di Letteratura d’evasione, ma non avremmo mai pensato, noi e i detenuti, che quei testi potessero diventare una antologia. Grazie ad Alessandro Bergonzoni che li ha letti e li ha amati".