Bettina Buck e la ricerca della forma

Bettina Buck  e la ricerca  della forma

Bettina Buck e la ricerca della forma

Corpo, postura, caduta. La gravità e il vuoto giocano a rincorrersi nelle sale di Palazzo De’ Toschi, dove prende vita l’indagine decennale di Bettina Buck (1974-2018). Dell’esposizione – che inaugura oggi alle 18 –, colpisce subito Interlude: al centro del salone, coperto da una tettoia, un maxi schermo vede scorrere le riprese dell’artista impegnata a muovere e spostare un grande parallelepipedo di gomma piuma. "È il baricentro energetico della mostra – spiega il curatore Davide Ferri –. Nelle immagini si vede la campagna inglese, un paesaggio ventoso con un forte rumore di sottofondo, che rende l’idea di un vento capace di entrare dentro e fuori l’opera. E così, quando il corpo si distacca, diventa una potenziale scultura, o ancora punto di osservazione per una vista sul paesaggio". Finding Form è il titolo dell’esposizione inserita tra i Main project di Art City, kermesse itinerante che accompagna l’arrivo sotto le Torri di Arte Fiera: il percorso dell’artista viene restituito a chi visita l’esposizione a partire dalla sua ricerca sulla scultura come "tensione verso una forma che è sempre parte di un processo in divenire, temporanea". "Questo concetto lo troviamo già nel titolo – aggiunge Ferri –, mentre il verbo al gerundio richiama l’idea di una vita come ricerca inesauribile di questa forma. Troviamo anche questo atteggiamento dell’artista di guardare la realtà lateralmente, ai margini". E così nella sala si trovano agli angoli delle pareti le fusioni in bronzo senza una forma precisa, che Buck ricavava direttamente dagli ‘angoli’ degli studi in cui liberava la propria mente artistica. Oppure è il caso di Two girls looking, un’installazione che presenta due oggetti in gomma piuma accasciati e appoggiati al muro "come due ragazze il venerdì sera, in procinto di prendere la metropolitana di Londra" dove l’artista ha vissuto, prima di tornare a Berlino. O, ancora, è il caso di Medusa Block: un enorme pilastro capace di misurare la distanza tra soffitto e pavimento e di nascondere al proprio interno una scultura di Medusa. "La statua c’è – racconta Ferri –, ma si tratta anche di un esercizio per lo spettatore costretto a pazientare. In fondo, l’arte contemporanea in sé non è un atto di fiducia?". La mostra è visitabile fino al 19 febbraio nei suggestivi spazi di piazza Minghetti 4D, quartier generale di Banca di Bologna. Dalla mostra nasce anche una pubblicazione, un testo di sala che riporta le opere presenti. "Parliamo ormai di un appuntamento fisso tra noi e i Main project di Art City – sottolinea Alberto Ferrari (in foto, a destra, con Ferri), direttore generale Banca di Bologna –. Anche in questa edizione volevamo dare il nostro contributo".

Francesco Moroni

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