Bologna, bimbo morto dissanguato. I periti. "Il vetro era troppo sottile"

L’incidente del 5 agosto nell’alloggio Acer di via Benini: Alessandro aveva 9 anni

Il piccolo Alessandro Do Rosario

Il piccolo Alessandro Do Rosario

Bologna, 1 febbraio 2016 - Punta sempre più nella direzione di Acer e sempre meno in quella dei genitori l’inchiesta sulla morte del piccolo Alessandro Do Rosario, il bambino di nove anni ucciso da una ferita alla gamba provocata dalla rottura di un vetro della portafinestra della casa Acer in cui viveva con i genitori e i fratelli. La tragedia è avvenuta il 5 agosto scorso in via Benini 8, zona San Donato, e il fascicolo del pm Antonello Gustapane vede indagate la madre Luzia e la sorella di 24 anni del piccolo per abbandono di minore, visto che al momento dell’infortunio mortale erano uscite per fare la spesa lasciando soli Alessandro e il nipotino di tre anni (figlio della sorella), mentre un funzionario di Acer è accusato di omicidio colposo.

Nei giorni scorsi è stata depositata la consulenza del medico legale Sveva Borin, incaricata dalla Procura, e le conclusioni alleggeriscono la posizione delle due donne. Secondo il medico, infatti, la morte del bambino è sopraggiunta nel giro di 5 minuti al massimo. Ma c’è di più. Il perito aggiunge che solo un intervento qualificato, ossia una manovra salvavita come la legatura della gamba messa in atto entro 60 secondi dal ferimento, poteva forse salvare la vita del piccolo. Bisognava intervenire subito, ma anche così «le probabilità si salvezza sarebbero state limitate, mentre sarebbe stata elevata la probabilità di morte». Ciò significa che se anche la mamma e la sorella fossero state in casa ci sarebbe stato ben poco da fare. Il bambino aveva cercato di aprire la portafinestra incastrata per liberare il nipotino bloccato in balcone. Così il vetro si era infranto e le lame avevano reciso l’arteria femorale.

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E proprio il problema legato al vetro e alla portafinestra mette nel mirino Acer. La famiglia aveva infatti segnalato il malfunzionamento della maniglia, ma il tecnico aveva risposto che la riparazione era a carico degli inquilini. Il vero nodo riguarda però lo spessore, e la conseguente insicurezza, del vetro: gli ingegneri incaricati dalla Procura hanno accertato che lo spessore del vetro in questione era di appena 1,99 millimetri, quando il limite di legge oscilla da 6 a 8 millimetri. Acer, secondo i legali degli indagati, aveva l’obbligo di mettere in sicurezza i vetri o sostituirli. L’Azienda case spiega, in una lettera, che l’immobile è di proprietà del Comune e Acer l’ha solo in gestione, gli interventi vanno concordati con Palazzo d’Accursio. Nel 2016, su 16.700 alloggi del Comune, Acer ha realizzato 4.800 interventi di manutenzione ordinaria, per un totale di 1.750.000 di euro. Nella lettera si dice poi che le risorse sono limitate e le priorità vanno concordate col Comune. Quanti altri vetri pericolosi ci sono negli alloggi pubblici? Probabilmente tanti.

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