Bimbo vive attaccato alla macchina, in attesa del trapianto di cuore

È al Sant’Orsola da quattro mesi. I genitori: "speriamo nella donazione"

La mamma in ospedale mentre accudisce il suo piccolo

La mamma in ospedale mentre accudisce il suo piccolo

Bologna, 8 gennaio 2016 - Ha due anni e gioca con le macchinine. Le mette in fila una dietro l’altra sul tavolo, a misura di bambino, nel centro della grande sala giochi addobbata con festoni colorati e tanti Babbo Natale sorridenti appesi al soffitto. A vederlo così, sorridente e in continuo movimento, nessuno direbbe che siamo al Policlinico. Ma quel sacchetto di stoffa al collo del piccolo, nel quale sono nascosti due tubi di gomma, che lo collegano a un cuore artificiale, spiega molte cose. Andrea, lo chiameremo così, da quattro mesi vive al Sant’Orsola. Dalla scorsa estate soffre di una cardiomiopatia e ora è in attesa di un trapianto di cuore. All’improvviso si stanca delle automobili, è l’ora della passeggiata nei corridoi del nuovo padiglione del Dipartimento cardio-toraco-vascolare – diretto dal professor Gaetano Gargiulo – e la mamma prende il bimbo per la mano e si allontanano a piccoli passi: l’autonomia del macchinario è di venti minuti, poi bisogna collegarlo di nuovo alla presa di corrente.

«Eravamo in vacanza quando ha avuto la febbre – ricorda il papà, 41 anni – e dopo dieci giorni stava ancora male. Allora, anche dietro consiglio del pediatra, abbiamo deciso di portarlo in ospedale. Abitiamo al confine tra Bologna e Modena e siamo andati direttamente al Pronto soccorso del Maggiore. Una scelta fortunata, perché subito dopo una lastra, i medici si sono messi direttamente in contatto con i loro colleghi del Sant’Orsola e in poche ore eravamo qui dove il bambino ci è stato quasi ‘sequestrato’, ma a fin di bene», dice guardando con riconoscenza gli specialisti dell’unità operativa di cardiologia e cardiochirurgia pediatrica.

La salvezza di Andrea si chiama Berlin Heart: il piccolo ha un’insufficienza ventricolare e la macchina funziona come una pompa che aiuta il suo cuore. Sopra l’apparecchio c’è un computer dove vengono proiettati i tracciati, a loro volta tenuti sotto controllo, 24 ore su 24, da una sorta di cabina di regia.

«Chissà quanto staremo qui – dice il papà – sappiamo che una famiglia prima di noi è rimasta per un anno e 4 mesi, speriamo che il cuore per il mio bambino arrivi prima. È un gesto di generosità da cui dipende il nostro futuro. Intanto, con il trasferimento nel nuovo padiglione (ndr, a metà dicembre) tutto è cambiato in meglio, vedo mio figlio sempre sorridente, gioca e si diverte, anche se sembra quasi impossibile nelle sue condizioni». Tanto che qualche volta scatta l’allarme, «perché Andrea muovendosi ha fatto piegare i tubi di gomma in cui passa il sangue», dice la mamma. Parole che fanno sobbalzare la dottoressa Emanuela Angeli, uno dei cardiochirurghi più vicini alla famiglia: «L’allarme?». «Sì – replica la mamma – mio figlio è quello che lo fa suonare di più, a volte capita anche quando è a letto, si mette a pancia in giù e allora...». La dottoressa sorride e sottolinea «l’importanza delle donazioni di organi, l’unica vera speranza di sopravvivenza per questi bambini».

Nel reparto c’è un altro piccolo emiliano, di appena un anno, attaccato a un secondo Berlin Heart. Fabio, un nome di fantasia, è assistito dalla mamma che finalmente tira un sospiro di sollievo. Il bimbo è arrivato al Sant’Orsola all’inizio di dicembre, in emergenza per uno scompenso cardiaco. Dopo un periodo in rianimazione ora è in terapia semintensiva. «Sta già seduto nel letto – dice la mamma – e ora è di nuovo vispo. Spero solo che si trovi presto un cuore per mio figlio, sono quasi in difficoltà a dirlo, ma penso che il mio desiderio di madre venga compreso. Sto tutto il giorno in ospedale, poi rientro in un’abitazione che mi ha segnalato l’associazione ‘Piccoli grandi cuore’, a cui va il mio ringraziamento». La malattia si è presentata all’improvviso durante una vacanza in Polonia, con ricoveri a Varsavia, Padova e Reggio Emilia. E infine l’approdo al Policlinico. Nel giorno del trasferimento nel nuovo polo, tutti gli occhi erano puntati su Fabio: in ambulanza, accanto a lui i medici e i tecnici perfusionisti della sala operatoria. Ma questo è il passato. E il futuro? Il dottor Luca Ragni è il cardiologo pediatrico a cui è affidata la comunicazione con i genitori: «Quando le degenze diventano così lunghe, le mamme e i papà sono portati a chiedere informazioni a diversi medici, ma abbiamo osservato che questo comportamento può creare incomprensioni. Per evitare rischi, sono io a tenere i contatti con i genitori». E nei momenti difficili c’è a disposizione un supporto psicologico.

Intanto, Andrea continua a passeggiare nel corridoio, dopo avere fatto una sosta nella sua grande e luminosa camera, dove accanto al suo lettino colorato c’è un letto per la sua mamma e il bagno. Tra poco tornerà in quella grande sala giochi piena di luce, con le vetrate da cui si possono vedere le persone che passano. E sembra quasi tutto normale.

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